Gli inediti di Salvatore Di Giacomo a cura del poeta Paolo Maria Rocco
Gli inediti di Salvatore Di Giacomo a cura del poeta Paolo Maria Rocco
FANO – La novità di grande rilievo del 2024 nell’ambito della cultura nazionale, è senza dubbio il libro che il poeta, scrittore e traduttore Paolo Maria Rocco, residente nelle Marche da circa 40 anni, ha dato alle stampe per Robin Edizioni-Biblioteca del Vascello.
Si tratta dei racconti “fantastici” nelle versioni originali e inedite dell’illustre poeta e scrittore napoletano Salvatore Di Giacomo. All’importanza di questo libro ha dato grande rilievo il “Corriere del Mezzogiorno-Corriere della Sera” dedicandogli l’intera pagina culturale curata da Gabriele Bojano (foto 1). La peculiarità di quest’opera ce la facciamo spiegare dallo stesso curatore.
– La ricerca dei racconti fantastici che Di Giacomo pubblicò a puntate, come racconti d’appendice, in quotidiani della fine dell’800 è stato un lavoro lungo e appassionante – spiega Paolo M. Rocco -. Ho consultato molte biblioteche universitarie e nazionali per reperirli tutti nelle versioni originali e inedite. Sono quattordici racconti scritti dall’autore tra il 1879 e il 1890 che segnalano non solo la sua grande maestria nell’adottare moduli narrativi di grande interesse (sulla scorta di E.A. Poe e E.T.A. Hoffmann) ma anche la sua volontà di sprovincializzazione di certa cultura del Sud Italia corroborata dalla sua personale e diretta conoscenza con illustri scrittori dell’epoca quali, per esempio, G. Verga, con il quale intrattenne un interessante epistolario.
Il genere “fantastico” richiama al mistero, all’irrazionale: è quindi in questo solco che si collocano i racconti digiacomiani pubblicati con Robin-Edizioni?:
– Sì, in questi quattordici racconti lo scrittore napoletano conduce sapientemente il lettore in originalissime storie che narrano di fantasmi, di eventi e personaggi “strani”, di esperienze soprannaturali, nella migliore tradizione del genere. Ma egli fa anche di più: precorre certi argomenti che saranno oggetto di indagine letteraria nei primi anni del ‘900 dalla cultura italiana e internazionale: così, per esempio, vi è un racconto che narra di una fecondazione in vitro, in un altro il fenomeno della metempsicosi, in altri dei danni di certa sperimentazione scientifica… Il libro si intitola per questo: «Salvatore Di Giacomo, Pfeifer und Pocal e altri otto racconti fantastici tra pipa e boccale, orrore, fantasmi e serial killer nelle versioni originali e inedite dal 1879 al 1890».
Di Paolo M. Rocco conosciamo la rilevante produzione letteraria nella Poesia che ha ricevuto premi e riconoscimenti in Italia e all’estero, e le sue traduzioni (l’Antologia di Poeti contemporanei dei Balcani, per esempio, o Canti per Eirinn, poesie irlandesi d’amore e libertà dal medioevo a oggi) che sensibile interesse hanno suscitato nei lettori. Gli chiediamo, quindi, perché un libro su Di Giacomo?
– Per diverse ragioni tutte, per me, importanti: perché il poeta e scrittore napoletano (del quale condivido l’origine) è stato una personalità di grande significato nella cultura nazionale tra ‘800 e ‘900. Di lui hanno scritto i più importanti critici letterari e studiosi dell’epoca, a cominciare dal filosofo Benedetto Croce sulla “Critica” nel 1903 (prima che egli si facesse autore di un grave sopruso ai danni dello scrittore napoletano, di cui scrivo nella postazione), fino a Pier Paolo Pasolini e oltre: su Di Giacomo vi è una amplissima produzione saggistica specialistica che si spinge fino ai nostri giorni. Poi, perché mi sono laureato, a Urbino, proprio con una tesi su S. Di Giacomo; infine perché il mio libro, che presenta anche una mia postfazione, offre posso dire per la prima volta la possibilità di indagare nell’intreccio tra attività letteraria dell’Autore (che era poeta, scrittore, saggista e erudito) e le sue esperienze esistenziali e da cronista giornalistico. Un disegno unitario della sua esperienza nella Cultura con il quale ho voluto far emergere anche la sua ferma e costante critica verso i “mali” della società a lui contemporanea, produttrice, tra ‘800 e ‘900 della perdita d’identità dell’individuo, del suo disorientamento, della “malattia dell’uomo contemporaneo” indotta dall’accelerazione del progresso in tutti gli ambiti, ben evidente nei suoi racconti fantastici. Tematiche centrali della ricerca culturale che egli ancora una volta precorre e che saranno poi affrontate e indagate dalle esperienze letterarie primo-novecentesche.
Questo suo libro ha ricevuto importanti apprezzamenti: non solo il prestigioso articolo di Gabriele Bojano sul “Corriere del Mezzogiorno” ma anche l’invito che lei ha ricevuto di presentarlo a “Incontri Capitali-Pesaro Capitale della Cultura 2024” e, insieme a quest’opera su Di Giacomo, anche il suo ultimo libro di poesie “Essendo inadeguata ogni parola”.
– Sì, devo dire che il libro su Di Giacomo non può non attirare l’interesse degli ambienti culturali, non solo partenopei, perché è oggettivamente una novità di grande interesse. Per questo anche l’ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci, oggi parlamentare europeo, ha voluto che fosse presentato a “Incontri Capitali” nel maggio scorso: lo ringrazio per la sua cortesia e lungimiranza e per la sua accoglienza. Per “Pesaro Capitale” ho presentato anche il mio più recente libro di poesie: “essendo inadeguata ogni parola” è il mio quarto libro di poesie con il quale continuo la mia ricerca nel linguaggio e nella scrittura della Poesia proponendo una personale interpretazione e visione del mondo.
Tutti i suoi libri di poesie hanno ricevuto importanti premi e riconoscimenti e anche alcuni suoi libri di saggistica bilingue che hanno ricevuto il patrocinio dell’Ambasciata d’Italia a Sarajevo.
– La curiosità intellettuale muove, credo, l’ingegno… Ho pubblicato libri sulla cultura e su poeti balcanici, insieme anche ad amici poeti e scrittori di quell’Area, che hanno prodotto il prestigioso interessamento degli Ambasciatori Nicola Minasi e Marco di Ruzza, personalità di assoluto rilievo che tanto hanno fatto e continuano a fare per la Bosnia-Erzegovina e per i Balcani anche con grande impegno e realizzazioni sul piano della Cultura.
Come mai lei non è tra i poeti invitati a “MArChestorie 2024” che presenta poeti che operano nelle Marche, la cosiddetta “Marche al plurale”? È un’esclusione o una dimenticanza?
– Non lo so. Si tratta di una scelta degli Organizzatori che non attribuirei a una mancanza di memoria, però… Vede, io non faccio parte di consorterie di alcun tipo (e ve ne sono molte in ambito letterario che hanno il potere poco edificante di promuovere alcuni e escludere altri), né faccio parte di “gruppuscoli” o “mode” (e ve ne sono molte che dettano all’Ente pubblico in quale direzione agire), quindi ritengo che la mia esclusione sia dovuta a una discriminazione: non per altro i poeti invitati sono tutti marchigiani, di origine, e io non lo sono, e, come me, anche altri poeti che pur vivendo da molto tempo e operando nelle Marche sono stati appunto discriminati. Questione di “valore”? Non credo, se la scelta si adotta nell’attenta disamina dei ‘curricola’ dei possibili partecipanti…
Certo, se l’Ambasciatore Minasi, per esempio, ha prodotto un suo video-intervento che definisce uno dei suoi libri sui Balcani (al quale ha collaborato il poeta bosniaco E. Sokolovic) “importante veicolo di Pace e Amicizia tra i Popoli” e avendo lei ricevuto, tra gli altri premi, la Medaglia della Presidenza della Camera dei Deputati, e altri riconoscimenti letterari…
– È vero, ma, al di là di tutto questo, mi sembra che la scelta adottata dagli Enti che organizzano “MarChestorie ‘24” contraddica anche la definizione che gli stessi Enti propongono di questa Regione: “Marche al plurale”… Ecco, mettere il bavaglio ad alcune “voci” del panorama letterario marchigiano alle quali si riconosce (al di là quegli Enti e, invece, anche in considerazione di quei riconoscimenti ricevuti che lei ha ricordato) una precipua importanza, fa ‘saltare’ proprio l’attributo di ‘regione al plurale’. In questo senso, invitare a “MarChestorie” solo poeti marchigiani produce anche un secondo effetto molto negativo: promuove visibilità solo per i poeti d’origine marchigiana e per i loro libri, e questo è davvero mortificante (per loro e per l’evento) e un danno per gli esclusi.
Però voglio concludere con una nota positiva: sono certo che in futuro questa splendida Regione, accogliente e propositiva, saprà, da parte di chi governa certe manifestazioni, ravvedersi e prendere l’esempio dall’evento di “Pesaro Capitale” che così tanto ha dato alla Cultura nazionale e internazionale.
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