CULTURAMARCHE

Costi quel che costi, quando a Gaza scorre del noir

Costi quel che costi, quando a Gaza scorre del noir

di TIBERIO CRIVELLARO

Andando al sodo, senza leziosità letterarie, la vera anima del romanzo “Costi quel che costi” (Di Felice Edizioni – nella collana “Gli occhi del pavone”) di Ahmed Masoud, è Gaza; una Gaza martoriata dall’occupazione e dalle guerre, città piena di contraddizioni praticamente spogliata dei diritti umani, ancor prima degli attuali massacri, confermata dal punto di vista di una donna che cerca invano giustizia dopo che il marito è stato assassinato.

Come e perché? Lo svela il libro a chi lo compra. Romanzo poliziesco tinto di rosso più che giallo anche per le tematiche dove si intrecciano amore,  morte, corruzione, tradimenti, menzogne, illusioni e differenze di classe di una società da sempre conservatrice. Zahra, la protagonista, decide di scoprire se il giovane marito sia stato ucciso accidentalmente durante il massacro di Shujaiya  nel luglio del 2014 o se sia stato invece assassinato. Al lettore parrà di aggirarsi per le strade di Gaza, nei caffè, nei locali; parrà di sentire gli odori, assaggiare i cibi locali e le multiple sensazioni che circolano con gli abitanti e i rifugiati venuti dalle frontiere e dai valichi, di vedere la distruzione del paesaggio, i tanti insediamenti dei campi profughi. Ma nonostante queste gravaglie è fiorente il commercio illegale della droga promosso dai poteri neppure tanto occulti. Si “ascoltano” battaglie che durano da decenni, l’infinito dolore che proviene da sottomissioni  e omertà. La ricerca di un assassino (o più assassini?).

Ogni qualvolta che Zahra si avvicina alla verità qualcosa le sfuma di mano in un’avventure colma di suspense e di forti emozioni. Qui, l’essere umano si mette in discussione dovendo infine ammettere le sue vulnerabilità. Si nota, leggendo, elementi autobiografici dell’autore, cresciuto e vissuto proprio a Gaza dove ha studiato letteratura inglese, in particolare Shakespeare, ora dal 2002, vive nel Regno Unito.  Ci sono rimandi anche al politico-filosofico, sino quello televisivo che ricorda il trasandato Tenente Colombo (quello col sigaro sempre in bocca, lo ricordate?) e col suo famoso, tipico intercalare: “…e ancora una cosa…” Non viene tolto al lettore il gusto del mistero, la vicenda poliziesca resta in sospensione fino alla risoluzione finale dove tutto torna per dettagli.

Resta da ribadire quanto la parola e la sua forma sia grande. Parola come forma della resistenza più grande e potente, parafrasando Ungaretti. Intanto Gaza, nonostante tutto non abbassa la testa. Valeria di Felice. Pubblicando esto “amarillo-rojo”, la testa la alza, eccome! Coraggiosamente continua a investire nel mondo letterario, trasognante ma anche in modo che rischia di esser “periglioso”, data la sua audacia. Ne vedremo ancora delle belle. Qui ve lo certifico.

AHMED MASOUD

COSTI QUEL CHE COSTI

DI FELICE Edizioni

 

 

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