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“Ti piace vincere facile?”, le leggi ed il voto nell’area misena

“Ti piace vincere facile?”, le leggi ed il voto nell’area misena

di MASSIMO BELLUCCI

C’era una pubblicità con un uomo maturo che gioca a scacchi con un bambino di un anno, poi un arciere che tende l’arco verso un bersaglio a pochi millimetri, infine una squadra di calcio di cento persone contro una di undici; lo slogan era: ti piace vincere facile?

Mi è tornata in mente quando ho letto le notizie sulle elezioni nell’area misena: in diversi comuni il candidato sindaco si presentava da solo, senza avversari.

Per essere sicuri delle sua elezione il quorum dell’affluenza è stato abbassato per legge dal 50% al 40%, così da poter essere eletto anche con una minoranza di voti. In diversi comuni c’erano ex sindaci contro sindaci, vicesindaci contro ex sindaci. Mi sembra che ci sia poco da brindare.

Un ex consigliere comunale, ex assessore, ex sindaco, ex deputato ecc. che non ritiene di aver ormai fatto la sua parte, lasciando spazio ai giovani (o semplicemente ad altri), ma si ricandida. E vince contro nessuno.

Si potrebbe obiettare che ci sono tanti giovani candidati nelle liste. E’ così: persone capaci e competenti, con una sincera passione per il proprio paese, che dedicano tempo ed energie per migliorare, sul piano locale, una società che – con un sistema di istruzione su cui si sono abbattuti tagli ultradecennali e un mercato del lavoro spesso respingente – non è certo generosa nei loro confronti.

Ma spesso sono candidati per ruoli di secondo piano.

Anche le leggi approvate negli ultimi decenni non aiutano. L’elezione diretta del sindaco approvata a metà degli anni Novanta ha svuotato il Consiglio comunale di prerogative, ma stabiliva almeno un limite temporale: due mandati di quattro anni.

Poi gli anni sono diventati cinque, poi i mandati sono diventati tre. Quindi da un massimo di otto anni si è passati a quindici, quasi il doppio, favorendo il perpetuarsi di un ceto politico locale.

Per molti candidati di lista (giovani e meno giovani), questo “mettersi in gioco” si è rivelato spesso una esperienza deludente perché i consiglieri comunali hanno pochi poteri.

Inoltre i reali meccanismi fanno sì che anche figure di ignoti funzionari comunali, impiegati di lungo corso che sguazzano tra i meandri della burocrazia, incidono sulle decisioni, concretamente, più degli eletti. E tutti questi sono influenzabili dai poteri locali: l’imprenditore che vuole (e ottiene) una modifica ad hoc del piano regolatore ecc. Tutto ciò non aiuta.

Mi è stato detto: ma allora candidati tu! E’ proprio questo il punto: una politica appiattita unicamente sulla competizione elettorale per contendersi i posti di micropotere, anziché sul dialogo, anziché un percorso plurale su come rendere migliori i luoghi dove si vive. Forse potrebbe essere proprio questa la ricetta per far uscire i piccoli comuni da quel declino a cui sembrano destinati.

 

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