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Ad Ancona i sorrisi dei bambini del Libano colpiscono tutti

Ad Ancona i sorrisi dei bambini del Libano colpiscono tutti

La sezione di Ancona della Fondazione AVSI ed il Centro Culturale Miguel Manara hanno organizzato un significativo incontro

di MASSIMO CORTESE

ANCONA – Presso l’Istituto professionale Podesti-Calzecchi Onesti, nell’ambito della Campagna Tende promossa dalla Fondazione AVSI, la sezione di Ancona e il Centro Culturale Miguel Manara hanno organizzato un significativo incontro.

Sono stati invitate due persone di straordinario spessore: Jihan Rahal, Responsabile della Comunicazione di AVSI per il Libano, la Siria, la Giordania e l’Iraq, ed il prof. Costantino Esposito, docente ordinario di Storia della Filosofia presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Aldo Moro di Bari.

Nel prendere la parola, Rahal ha brevemente sintetizzato la sua storia: nata da genitori libanesi a Trieste, dieci anni fa si è sposata con un libanese, stabilendosi a Beirut, e ha conosciuto AVSI a seguito dei contatti con la comunità italiana presente in quel Paese.

Ad eccezione della Giordania, negli altri tre stati dove opera, la guerra è di casa. I profughi vivono ammassati nei campi, dove talvolta manca l’acqua e le condizioni di vita sono durissime. In questo quadro, l’Avsi fa quello che può: cerca di occuparsi dell’educazione dei bambini e dei giovani in genere, procura il lavoro a chi lo ha perduto, cercando di far fare dei lavori socialmente utili, in accordo con le municipalità: insomma, offre una speranza alle persone meno fortunate.

La popolazione libanese è di quattro milioni e mezzo di persone, ma il Libano ospita due milioni di profughi provenienti dalla Siria, dove imperversa una devastante guerra civile. Rahal ha proiettato le fotografie dei bambini che incontrano AVSI nei campi profughi, e la cosa che balza subito all’occhio è di constatare che i piccoli sono sempre sorridenti.

Ma come fanno ad essere sorridenti? Dal nutrito uditorio non è stata fatta alcuna domanda sul perché del sorriso, ma la domanda era sulla bocca di noi tutti presenti, era nell’aria, ed allora Rahal ha cercato essa stessa di rispondere: il sorriso è la riprova che sono contenti, quando loro vedono qualcuno che se ne occupa. In proposito, ha dato la usa autorevole opinione il professor Costantino Esposito: i ragazzini sorridono in quanto nel gesto elementare del sorriso c’è il loro desiderio di esserci, perché vale la pena vivere e vivere la vita fino in fondo. Non c’è difficoltà che tenga, in fondo anche la condizione di profughi poverissimi non impedisce loro di far pienamente parte di questo nostro mondo, a pieno titolo, e allora non si può non vederli sorridere.

Il Prof. Esposito ha approfondito il titolo dell’incontro, sottolineando il valore della parola “desideriamo”: è il desiderio che muove il cuore dell’uomo, negli scenari di guerra come nel proprio ambiente di lavoro e di vita. Solo dando spazio a questo desiderio, uno capisce il proprio valore e quello di chi gli sta accanto, di ogni uomo. E’ questo forza innata che sentiamo dentro di noi, che ci fa superare le difficoltà o le tragedie della vita: riconoscendo questa naturale positività, questa vocazione di bene, è possibile riscoprire anche la dignità di ogni persona, fratello o nemico.

Il merito di questo germe di speranza è dato anche dall’opera, piccola e grande al tempo stesso, di AVSI, che ha attivato 1.300 adozioni a distanza di bambini e ragazzi che vengono assistiti rimanendo nelle loro famiglie.

In seguito al conflitto in atto dal 7 ottobre, Jihan Rahal ci ha detto che il Sud del Libano è diventata zona di guerra. Le scuole sono chiuse, la poca istruzione che si cerca di assicurare avviene con dei collegamenti da remoto. Rahal è stata qualche settimana fa ad Aleppo: eppure, dopo aver visto la città pressochè distrutta, prima dalla guerra e poi dal terremoto, è rimasta colpita dalle persone che reagiscono e vivono con dignità.

Eppure i ragazzini sorridono, sono contenti e grati, probabilmente il loro sorriso è contagioso, e allora si comprende l’importanza che hanno le associazioni di aiuto a chi soffre, come AVSI. Per vivere in pace c’ è bisogno di dialogare, di conoscersi.

Non dimentichiamolo: la pace implica anche il riconoscimento della dignità di ciascuno.

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