Una brutta storia di violenze ai danni di una ragazza
Una brutta storia di violenze ai danni di una ragazza
Il presidente di Alba Rosa, Antonino Barrasso, racconta l’esperienza di Chaimaa
di ANTONINO BARRASSO*
FANO – Era la notte del 2 agosto 2021, una sera calda come conviene nella stagione estiva. Intorno alla mezzanotte, una donna a spasso con il proprio cane, sente delle urla di una donna provenire da un condominio di via Vittorio Emanuele a Fano. La signora preoccupata dalle grida proferite in una lingua straniera mi chiamava al telefono, all’epoca ero il comandante della Stazione Carabinieri di Fano.
In via Vittorio Emanuele al civico indicato, veniva inviata una pattuglia ma ormai sul posto regnava il silenzio. Nonostante l’ora tarda venivano suonati i campanelli dei residenti ma tutti rispondevano di non aver sentito nulla.
La mattina seguente una ragazza in pigiama, si calava dalla finestra del primo piano, scesa in strada chiedeva aiuto via telefono alla cugina e poi ad una signora, che passava occasionalmente, la quale chiamava il 118.
La ragazza presentava evidenti lesioni per cui veniva portata al pronto soccorso di Fano, è qui che ho conosciuto Chaimaa. Una ragazza di 23 anni, provata e spaventata, di origine magrebina, cittadina francese.
Presso il pronto soccorso di Fano, Chaimaa, con fatica per la difficoltà della lingua (si esprime in arabo e francese) sporge denuncia con l’aiuto di un interprete di arabo. Due carabinieri stazionavano nei pressi del luogo dell’aggressione.
Chaimaa presenta una denuncia lunga e tragica, descrive le violenze che aveva subito durante la notte ed in passato, dal suo “fidanzato”.
Quella notte era stata picchiata e privata del telefono, segregata in casa, chiusa a chiave nella camera da letto. La notte aveva gridato, chiesto aiuto ma nessuno l’aveva aiutata. Il movente? Lei voleva lasciarlo.
I carabinieri informano dell’accaduto il Sostituto Procuratore di turno, purtroppo non c’è più la flagranza di reato e presso l’appartamento non c’è nessuno.
La sera dello stesso 2 agosto 2021, intorno alle 20, dopo essere stata dimessa dall’ospedale, Chaimaa veniva portata in un luogo sicuro come conviene in questi casi. Ha solo gli abiti che indossa, una tuta ginnica che i carabinieri le hanno procurato. Noi siamo stanchissimi, 4 pagine di querela detta in arabo e tradotta in italiano tra le interruzioni continue dei sanitari che curano la vittima. Nell’aria gira però la soddisfazione di aver fatto bene il proprio lavoro, la solidarietà alla vittima produce umanità, eppure Chaimaa è stata incalzata dalle nostre domande, si è contraddetta solo una volta.
Il giorno seguente, l’autore delle violenze viene identificato, appare tranquillo e minimizza i fatti scherzandoci sopra, di sport pratica la boxe.
Chaimaa ora si trova da alcuni parenti. Sta meglio anche se è ancora spaventata e crede che lui la possa cercare.
Nei giorni seguenti, la dottoressa Maria Letizia Fucci, quale Sostituito Procuratore titolare del fascicolo delega delle indagini urgenti. Un sopralluogo presso l’appartamento teatro delle violenze, si nota, come aveva riferito Chaimaa che la maniglia della porta di ingresso è stata rotta per impedirle di uscire.
All’interno vi sono ancora gli effetti personali della ragazza e si nota un certo disordine. La vittima, su disposizione del P.M., viene sentita al telefono, conferma tutto. A questo punto la dottoressa Fucci stante la gravità dei fatti chiede una misura cautelare sul conto di A.S.
Il giorno 12.08.2021, il Giudice Giacomo Gasparini, dopo aver valutato la gravità dei fatti, emette un ordine di carcerazione, il “fidanzato” di Chaimaa il giorno seguente è stato arrestato dai Carabinieri di Fano.
Nel mese di novembre 2021, viene disposto un “incidente probatorio” allo scopo di acquisire, come prova, da utilizzare nel processo, le dichiarazioni (querela) di Chaimaa. Ora Chaimaa, cittadina marocchina e francese avrebbe potuto non presentarsi, avrebbe potuto mettere la parola fine al processo. Invece Chaimaa dopo alcune telefonate, mi dice che vuole dire tutto ai giudici perché è giusto per tutte le donne, che prima dirà la verità e poi, davanti a tutti, lo perdonerà purché lui la lasci in pace.
Io e i colleghi di Fano siamo andati a prendere Chaimaa a Bologna. Chaimaa è curata, cordiale e sinceramente grata a noi come spesso accade in questi casi. È in compagnia di Sal, sua cugina e amica del cuore.
La sera tardi siamo rientrati a Fano, Chaimaa nonostante l’ora tardi e la stanchezza, vuole sapere come si svolge il “processo”, legge la querela che aveva sporto; i fogli sono logori, segno che la ragazza spesse volte aveva letto e riletto il racconto di quanto aveva subito.
La mattina seguente siamo al Tribunale di Pesaro, aula gip. Chaimaa è tesa, preoccupata e nonostante le nostre rassicurazioni appare incerta. Si avvicina, la dottoressa Fucci che la saluta e le esprime parole di compiacimento per aver avuto il coraggio di presentarsi dall’estero.
Nell’aula c’è già il giudice Gasparini, la cancelliera, il P.M., l’avvocato difensore. Chaimaa prende posto e chiede che io e la cugina restiamo in aula, così si sente più tranquilla. Il Giudice Gasparini acconsente. Poco dopo, scortato dalla Polizia Penitenziaria, A.S. arriva in aula, si vede che è teso anche se sfoggia un sorriso forzato, tenta di dire qualcosa a Sal ma viene subito richiamato. L’interprete non arriva ancora e questo rende l’aria ancora più tesa.
Finalmente l’incidente probatorio inizia, il giudice con calma spiega a Chaimaa e all’imputato come si svolge e a cosa serve. Seguono le formalità: elezione di domicilio, precedenti penali pregressi, ecc.
Tocca a Chaimaa, con palese emozione ripete il proprio calvario, risponde alle domande della dottoressa Fucci, dell’avvocato ed infine del giudice. Chaimaa in alcuni momenti piange, viene attesa, poi prosegue il suo racconto.
A.S. chiede di dire qualcosa, il giudice acconsente, chiede perdono anche se “i fatti non sono andati così”.
Alla fine: signora vuole aggiungere altro? Chaimaa si gira e guarda per la prima volta A.S., io lo perdono se non si avvicina più a me!, è un assist, palla che viene colta al volo dall’avvocato: non c’è pericolo di reiterazione, lei vive in Francia, lui chiede perdono e vuole patteggiare. La discussione continua, ma Chaimaa io, Sal e il mio brigadiere andiamo via. A.S. viene condannato ad anni 1 e mesi 9 di reclusione, pena sospesa. È una bella condanna.
Ora Chaimaa è tranquilla, dice che è solo stanca. Nel primo pomeriggio ci siamo salutati ripromettendoci di sentirci di tanto in tanto.
Così è stato, con Chaimaa e Sal, in rare occasioni ci siamo scambiati whatsapp. Traduttore italiano/arabo e viceversa.
Nell’estate 2022, Chaimaa mi comunica che è preoccupata, lui è tornato in Marocco ed ha minacciato la sua famiglia perché pretende che lei ritiri la propria querela, cosa che Chaimaa farà nonostante sia stata sconsigliata dal farlo. Le suggerisco di rivolgersi all’Autorità Giudiziaria del Marocco, lei sostiene che i parenti l’hanno già fatto.
La ragazza mi dice che i familiari di lui accusano lei di essere stata la rovina del figlio.
Intorno al mese di settembre 2023 inviai a Chaimaa un messaggio in cui le chiedevo, quale presidente di Alba Rosa ODV, se volesse testimoniare la violenza che aveva subito. Chaimaa non mi rispose direttamente, mi fece sapere che faceva molta fatica a parlare di questo e che comunque si trovava dai parenti a causa del terremoto che aveva colpito il suo paese di origine.
Il giorno 11 dicembre scorso, mentre con il socio Gino Procida effettuavamo l’accompagnamento di una donna vittima di stalking, Sal mi telefona, lei parla bene in italiano. Sal è concitata, mi spiega che Chaimaa si trova in ospedale, coma, fratture degli arti, degli zigomi ecc. Mi dice che A.S. dopo averla incontrata l’ha “portata” in casa ed ha tentato di accoltellarla, Chaimaa per salvarsi si è lanciata dal secondo piano riportando le gravi lesioni. Resto in silenzio, la stessa pausa di sconcerto che ho provato per Anastasjia, alla quale ho immediatamente pensato.
Si fa fatica ad essere lucidi in questi casi ma, dopo anni di esperienza, mi rendo subito presente a me stesso.
Primo: chiamo Mounya Allali, volontaria di Alba Rosa. So che Mounya si trova in Marocco e che è la persona più indicata. Lei è responsabile dell’associazione donne marocchine in Italia, responsabile “osservatorio governativo per le donne del Marocco” in più ha una lunga esperienza nei centri antiviolenza di questa provincia. Immediatamente Mounya mi ha chiesto le generalità di Chaimaa e mi ha fornito un recapito telefonico da dare ai parenti di Chaimaa.
Secondo: chiedo dove si trova A.S. e mi viene detto che è stato arrestato in Marocco; non basta, espongo il caso ai Carabinieri di Fano nella remota possibilità che lui possa tornare a Fano anche se nulla potrà essergli contestato essendo i fatti avvenuti in Marocco.
Chaimaa è ancora in ospedale in Marocco in attesa di essere trasferita in Francia per avere cure mediche migliori.
Questa è la storia sospesa di Chaimaa. Una delle tante storie di violenza di genere dagli esiti gravi che purtroppo stiamo osservando. È la storia di uomini che odiano le donne al punto di ucciderle. Non sappiamo se Chaimaa ha voluto l’incontro “chiarificatore”, cosa che accade spesso nonostante si dica a gran voce di non assecondare questi appuntamenti.
Quello che è certo e che Chaimaa aveva perdonato purché fosse lasciata in pace; che quest’uomo aveva chiesto perdono, spergiurando di non avvicinarsi a lei così chiudendo il proprio debito con la giustizia italiana.
Staremo vicini a Chaimaa con tutte le nostre possibilità nonostante la distanza geografica, siamo in trepida attesa per poterle dire da vicino: forza Chaimaa, rialzati ancora una volta. In Alba Rosa vige lo slogan “Dire basta non basta”.
*Presidente di Alba Rosa ODV
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