“Fiori e altri incanti”, l’ultimo libro di Vincenzo Guarracino
“Fiori e altri incanti”, l’ultimo libro di Vincenzo Guarracino
di TIBERIO CRIVELLARO
Tra interrogazioni e congetture l’aforisma non smette di versare, s/foliare i petali di un fiore (?). La rosa sembra prevalere per profumo ed espressione, ma è il glicine a esserlo nella copertina di “Fiori e altri incanti – Le stagioni di Leucò” (Di Felice Edizioni) del lariano emerito Vincenzo Guarracino da Ceraso.
Nella sua preziosa raccolta trabocca un florilegio colmo di significanti da intendere volendo acquisire la chiave del discorso che si dipana tra quartine (divise in due versi) per” altrove” tra eventi passati ed intime esperienze, o grappoli di stagioni lucenti-algenti di passata memoria. Che va a vendemmiarsi, ma continuando ad auspicare ritorni momentanei di “grazia miracolosa” seppur incerta di un poeta quasi mesto nel suo esser “formale” studioso e insegnante del Leopardi, Dante, dei “Classici”.
Professore in aule passate-liete brulicanti di studentesse e studenti per nulla canaglie, ma attente al buon maestro capace delle migliori antologie. Guarracino Vincenzo “in hoc signo vinces”: “Come in sogno tra noi il dato e avuto/ sogno dolce in una scena interminabile”.
L’interminabile “postura” dell’autore che “si confessa” (senza bisogno di assoluzioni) con l’enigma e raramente “Per dire quanto un sogno è fatto d’aria” Sogno cullato dal vento? Se Guarracino così lo indica: “Felice si offriva era la scala/ spiraglio ad un sogno che si avvera…” Un riferimento (fors’anche?) alla Casa Editrice cha tanto ha dato, e non solo al cantore di Leucò. Con mesta ansia e turbamento sta “scassinando” poco a poco i suoi cassetti dove riposano le reliquie tante che, goccia a goccia, per istanza pulsionale, vanno a formarsi in lago, più lucido e pulito di quello che forse intravvede dalla sua stanza?
E a chi sono dedicate le sessanta primavere nella dedica a inizio raccolta? Autore sì stanco, ma che non demorde per istanza del “far dire per scrivere”. Quasi a ricordarsi di “Come è chiara la luna questa sera/ e come cerca ogni stella la sua insonne (…) E: “Le parole dei versi sono fili/ cuciono ricuciono ferite//ricamano miraggi sopra i veli/ di ciò che t’assorbe anche la vita” (…) “Aspetta di essere toccato basta/ Lei con la sua fiamma all’alto volo (…) “Lei con la sua fiamma all’alto volo”. (oh, bella margherita, mi-ami non-mi-ami mi-ami?).
La Margherita, fiore semplice e gentile, che sia luce o notte, nube o vento; pure quando “a volte la scrittura è senza pace/ insegue, insegue e scava le parole// come gli attimi del naufrago le ore/ s’allagano nel solco che s’annera”. Ma ci son versi per somma dieci (a pag. 48): “Là dove i bordi dell’acqua (…) umano smarrimento (…) tra Lazio e Verbania c’è/ poesia”. E intanto: “Se dolce è dormire/ più dolce è dire// che non fu errore// d’aprile ascoltare/ con la vita il suo cuore.
Quasi ghibellin, Guarracino è accompagnato, nelle sue frangenze da Leucò, dea dell’onda. Lasciando certi discutibili commentari di Francesco Flora che ha “tormentato” Ermete o Mercurio, se qui pare evidente un “ermetismo al transfinito” di Vincenzo Guarracino, che “ubbidisce” a certe regole della metrica si nota l’operare-adoperare un linguaggio misterioso-essenziale comparabile al Caproni, lontanamente a Quasimodo?
Si auspica continui questa grazia in versi puri. Insomma, non è possibile dirvela tutta in 3.297 battute. Cielo!
VINCENZO GUARRACINO
FIORI E ALTRI INCANTI – Le stagioni di Leucò
Di Felice Edizioni
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