CULTURAMARCHE

“Filo spinato”, memoria di civiltà di Alessandro Fo

“Filo spinato”, memoria di civiltà di Alessandro Fo

di TIBERIO CRIVELLARO

Se qualcuno si aspettasse la solita sinfonia ve la concerto diversamente “l’adunata” al “Filo spinato” (Einaudi, MMXXI, costo: un euro più d’una ricarica telefonica che si consuma presto mentre questa non si esaurisce) di Alessandro Fo. Sino-ni-mando, in termine “imperfetto” che rimanda al miglior significante le parole, i termini nella raccolta sono efficaci immagini di una lunga storia.

Nella nota in quarta: “Le poesie di…”, sarebbe stato più appropriato scrivere: le prose poetiche di Alessandro Fo. Che poco in comune hanno con le poesie in rima, spesso di una massa di autori che  massacrano. Qui la prosa poetica efficace-comunicativa mi riporta alla memoria, per filo narrante, “L’incendio di Milano” del grande Roberto Sanesi. Fo, da buon traduttore latinista (L’Eneide e  Catullo, principalmente) si muove con abilità tra le pieghe delle parole significanti; il bell’esempio di: seno-creato, filo-nido indicativi di gestazione e nascita, o: filo-pagliuzze, rovi-nido; embrione-feto-nascita.

Tema che sta dietro il paesaggio, ma neanche tanto, della raccolta dove il nonno di Alessandro miracolosamente salvo dopo un assalto alla baionetta (?) nella Grande guerra per “un filo spinato” che gli ha permesso poi di generare la vita di Bianca, Fulvio, “noi” nipoti, e non ci sarebbe stato il Nobel Dario; e dove sarebbe stata la sua generosa compagna Franca? per Continua Lotta, quella anche, mi permetto, dell’autore di far brillare, più che la rima, la consonanza, la musica mahleriana assonante per ricerca e sperimentazione. Esemplare: “Ed ora, niente da fare,/però salterà fuori./ L’ho riposta con così tanto amore/ che più non la riesco a trovare” quella borsetta di perline ritrovata tra le macerie della seconda guerra mondiale, in “Res reperta”. Dunque tante prose “reperte” da impiegare per raccontare una lunga storia da dove Alessandro viene senza sapere anche dove andrà. Perché andare è anche “fare” (far dire per scrivere, mi permetto) cercare, amare l’inamabile, l’insapore a diventare sapore di memoria e tanti altri “testamentari”.

“A che valse?”, si “lamentò” Andrea Zanzotto non riuscendo a far sua la luna che l’uccellava nel pozzo. Quel “valse” è sprono a prosar né la frustata via dell’inciviltà perigliosa assai che stiamo, ahimè, assorbendo; per civiltà.

“Filo spinato” è appunto memoria di civiltà, e se non ve la racconto tutta è per non togliervi il “morbin” ruffatiano di andare subito in libreria (no Amazon, prego) a comprarvi il “pomario” Fo. In tremiladuecento battute. Ave.

ALESSANDRO FO

FILO SPINATO

Einaudi

 

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