EVENTIFERMOIN PRIMO PIANO

A Fermo la mostra proposta dall’Associazione “Il Filo che conta” sull’arte del ricamo nelle Marche

A Fermo la mostra proposta dall’Associazione “Il Filo che conta” sull’arte del ricamo nelle Marche

di MASSIMO CORTESE

FERMO – Dopo aver visitato, in compagnia di mia moglie, la mostra che celebra i Venti anni dell’Associazione fermana nata per valorizzare l’arte del ricamo, sono giunto ad una conclusione: l’iniziativa è un bellissimo regalo per la Comunità e per la nostra Storia. L’essermi trovato di fronte a tanta bellezza, creata dalle mani sempre anonime di tante donne, oltre a rappresentare il dovuto riconoscimento ad un’arte antica, mi ha portato a pensare ad una sorta di risarcimento che noi tutti dobbiamo a questa attività, tipicamente femminile, poco conosciuta e quasi mai quantificata.

Quella del ricamo è un’arte paziente, con i suoi tempi che mal si addicono alla frenesia della società moderna e alla mentalità consumistica dominante. Questo non significa che il ricamo tradizionale non sia apprezzato, anzi; oggi più che mai, i manufatti di un tempo sono considerati un bene prezioso da custodire.

La vita delle donne e del ricamo è un filo che attraversa la storia. Ricamare era utile per marcare, segnare, scandire i momenti salienti che caratterizzano l’esistenza umana. Mi riferisco in particolare ai manufatti che venivano eseguiti in occasione della nascita, del fidanzamento, del matrimonio e di chissà quanti altri momenti lieti. Ecco: il ricamo ha segnato l’esistenza delle persone, seguendole in modo discreto. In particolare, era compito della donna di casa cucire, rammendare, ricamare a mano gli abiti e il corredo di famiglia. Era un lavoro raffinato e impegnativo tagliato su misura per il ruolo sociale delle donne, per secoli racchiuso dietro quattro mura, quelle di casa. Non stupisce quindi che siano proprio le donne, le pioniere e le creative, quelle che hanno fatto evolvere questa arte nel corso degli anni. Quanto lavoro dietro quelle mani laboriose capaci di realizzare magnifiche decorazioni con dedizione, reinterpretando i gusti del tempo. Non possiamo che inchinarci di fronte al tessuto a liccetti, particolare tecnica per creare le decorazioni dei paliotti degli altari, al punto croce, anticamente chiamato punto delle Marche, al merletto a tombolo di Offida, realizzato con fili sottilissimi e tanti fuselli…

La mostra è anche l’occasione per apprendere fatti della nostra regione rimasti sconosciuti. Ad esempio, pochi sanno che il gigliuccio è nato a Fermo, dalle mani abili di una nobildonna del Seicento.

Dalla documentazione storica risulta che fra il 1921 e il 1929 sono stati prodotti lavori di ricamo dell’ars dorica nei laboratori del Manicomio Provinciale di Ancona ad opera delle ricoverate stesse, sotto la guida delle suore. Di questi lavori, che riproducono alcuni motivi ispirati alle decorazioni del duomo di Ancona e di Santa Maria della Piazza, nulla è arrivato fino a noi, ma sappiamo per certo che i manufatti sono stati esposti nelle mostre e venduti.

Il ricamo dunque parla della nostra regione e della vita dei nostri borghi e delle nostre campagne. È storia, tradizione, manifattura dei dettagli per la meraviglia del consumatore finale e la soddisfazione della raffinata esecutrice.

L’Associazione “Il filo che conta” ha predisposto anche un bel catalogo, nel quale viene presentata, in sintesi, la storia di questi primi venti anni, oltre ad alcuni approfondimenti e riflessioni sull’Arte del ricamo. Nel catalogo sono stato nominato come un collaboratore della Associazione, in merito allo studio sull’Ars dorica, la scuola di ricamo delle ricoverate del Manicomio Provinciale di Ancona, costituita per iniziativa del professor Gustavo Modena, illuminato Direttore della struttura sanitaria.

Concludo precisando che la mostra viene ospitata nel magnifico Palazzo dei Priori di Fermo, ubicato nella centralissima Piazza del Popolo.

Per chi fosse interessato, c’è ancora tempo per visitarla, fino al 10 settembre.

Ag – RIPRODUZIONE RISERVATA - www.laltrogiornale.it