Maltrattamenti e violenze, doppio “codice rosso” a Fano
Maltrattamenti e violenze, doppio “codice rosso” a Fano
FANO – Come noto, la Polizia di Stato pone particolare attenzione al fenomeno della violenza di genere, profondendo notevole impegno in termini sia di prevenzione che di repressione.
In tale contesto il Commissariato di P.S. di Fano ha attivato, recentemente, la procedura denominata “Codice Rosso”, sotto la titolarità della Procura della Repubblica di Pesaro, in 2 casi procedendo penalmente nei confronti di altrettanti cittadini italiani, gravitanti a Fano, resisi responsabili dei reati di atti persecutori e maltrattamenti verso familiari, oltre a lesioni personali ed estorsione.
In entrambi i casi le vittime subivano da diverso tempo continue condotte persecutorie, senza chiedere aiuto o denunciarli nella vana speranza che la situazione potesse migliorare. Il trascorrere dei mesi, costellati di continue minacce e sopraffazioni psicologiche, fisiche e materiali, le ponevano però in un così profondo stato d’ansia e timore da indurle, infine, a rivolgersi ai poliziotti del Commissariato.
Per quanto concerne il primo caso, le indagini del Commissariato di Fano, al cui interno opera un’unità specializzata per le violenze di genere, consentivano di tracciare un quadro indiziario in ordine ai reati di atti persecutori e tentata estorsione, posti in essere dall’ex compagno della denunciante, quest’ultima oggetto della morbosa gelosia manifestata dall’uomo dopo la loro separazione. In particolare emergeva come la condizione della donna si fosse progressivamente aggravata passando, in pochi mesi, da pesanti esternazioni verbali, a pedinamenti, a intrusioni di una certa gravità, per sfociare infine in atteggiamenti minacciosi rivolti anche contro la figlia maggiorenne della coppia, verso la quale il predetto nutriva risentimenti per motivi economici.
Le indagini dei poliziotti, con la direzione della Procura della Repubblica di Pesaro, permettevano di ricostruire le condotte persecutorie che per mesi intimorivano la donna, continuamente pedinata, spiata e minacciata, privandola della serenità di compiere i normali atti della vita quotidiana. Per tali motivi l’Autorità giudiziaria applicava nei confronti dell’uomo la misura cautelare del divieto di avvicinamento alla persona offesa e del divieto di comunicare con la stessa.
Anche nel secondo caso la vittima tentava invano di superare la difficile situazione che stava vivendo, sopportando per lungo tempo pesanti sopraffazioni e umiliazioni da parte del convivente, situazione ulteriormente aggravata dalla comune gestione di un’attività commerciale. In tale contesto l’uomo le infliggeva, per anni, continue sofferenze fisiche e morali, rendendole la vita impossibile e estendendo le umiliazioni anche all’ambiente lavorativo, denigrandola e sminuendone le capacità professionali.
A seguito della denuncia i poliziotti attivavano, con la dovuta celerità, la procedura del Codice Rosso con il coordinamento dell’Autorità Giudiziaria pesarese, che applicava nei confronti dell’uomo la misura cautelare dell’allontanamento immediato e del divieto di avvicinamento alla vittima.
I casi in questione sottolineano come la volontà delle vittime di segnalare e di denunciare le violenze fisiche e psicologiche cui sono sottoposte, costituisca il presupposto fondamentale per consentire alle Forze dell’Ordine ed alla Magistratura di intervenire e di sottrarle alla loro dolorosa condizione.
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