Beatrice Orsini Sacchetti la “regina nera” di Roma che difese Pio IX
Beatrice Orsini Sacchetti la “regina nera” di Roma che difese Pio IX
In occasione dei 150 anni di Roma Capitale e della Breccia di Porta Pia è stata riscoperta la figura femminile che difese con tanta fierezza il Papato di Pio IX contro l’Unità d’Italia. La sua vita è narrata nel libro di Andrea Cotticelli “Beatrice Orsini Sacchetti la regina nera nella Roma papalina del XIX secolo”, edito da De Luca Editori D’Arte, con il patrocinio della Fondazione Giulio e Giovanna Sacchetti Onlus
ROMA – Nella seconda metà dell’Ottocento, durante i pontificati di Pio IX e Leone XIII, la marchesa Beatrice Sacchetti nata principessa Orsini (1837-1902) seppe muoversi con abilità e ingegno nel complicato labirinto dell’aristocrazia romana, difendendo con fierezza la bandiera del Papato, tanto da meritare il titolo di “Regina Nera” tra la nobiltà nera di Roma.
Discendente di una delle più illustri e antiche famiglie d’Italia, Beatrice era la figlia del Senatore di Roma e Principe Assistente al Soglio Pontificio, nipote del più ricco banchiere dell’Urbe e moglie del Foriere Maggiore dei Sacri Palazzi Apostolici.
L’ingresso di Beatrice nella famiglia Sacchetti portò grande lustro alla casata e il suo salotto, nell’affascinante scenario delle sale affrescate di Palazzo Sacchetti in via Giulia a Roma, accolse i grandi nomi della nobiltà e del clero, ufficiali dell’esercito pontificio, diplomatici stranieri, artisti e intellettuali, come il compositore ungherese Franz Liszt, lo scultore francese Jean Pierre Dantan e il pittore romano Cesare Mariani.
Donna affascinante e di carattere volitivo, alla dissoluzione dello Stato Pontificio prese a cuore la causa del Pontefice, manifestando costantemente la sua fedeltà e devozione al Papa e alla Santa Sede attraverso diverse iniziative e si rivelò un punto di riferimento per tutta la nobiltà nera che, per protesta contro gli usurpatori di Roma, stabilirono all’unanimità di chiudere i portoni dei loro palazzi in segno di lutto. I più tenaci fra di loro furono i marchesi Sacchetti, che avrebbero riaperto l’imponente portone del loro palazzo solamente nel XX secolo.
Sullo sfondo delle vicende del periodo risorgimentale e postunitario che hanno caratterizzato Roma nel XIX secolo, Beatrice riuscì anche a riportare il casato dei Sacchetti a una situazione di fasto e di potere appartenuta ai lontani tempi dell’avo cardinale Giulio Sacchetti, che per due volte nel Seicento aveva mancato il Soglio Pontificio.
Inflessibile conservatrice, Beatrice resistette nella Roma umbertina a pressioni e minacce senza mai farsi intimidire. La ben nota posizione dei Sacchetti in favore del Papa destò anche l’interesse del giornalista e romanziere francese Émile Zola, che, trovandosi a Roma nel 1894 per raccogliere materiale per un nuovo libro, decise di ambientare proprio a Palazzo Sacchetti una parte del suo romanzo “Roma”, ispirandosi forse liberamente ai padroni di casa per delineare i caratteri dell’immaginaria famiglia protagonista della sua opera, i principi Boccanera, descritta come la più pia del patriziato romano e sempre al servizio della Chiesa.
Infine, grazie alla politica matrimoniale di Beatrice, applicata alla sua numerosa prole, i Sacchetti si imparentarono con le più influenti famiglie del patriziato sia romano che fiorentino, rigenerando addirittura il casato dei Barberini sull’orlo dell’estinzione, consolidarono le loro risorse patrimoniali e soprattutto il loro prestigio in seno alla Corte Pontificia, ricoprendo ruoli di primo piano che hanno saldamente mantenuto fino agli inizi del XXI secolo.
L’INTRODUZIONE
Fin dal Rinascimento sono spesso emerse figure femminili che hanno esercitato una discreta ma a volte determinante influenza nella Roma dei Papi, vuoi per la loro posizione nelle sfere dell’aristocrazia, vuoi per le loro doti culturali o talvolta per il loro fascino, che ha consentito di rendere i casati cui appartenevano sempre più prestigiosi e potenti, in grado di misurarsi a pari o addirittura superiore livello con altri casati, magari di più antico lignaggio, in un clima di perenne competizione per la conquista del potere.
Nella seconda metà dell’Ottocento, durante i pontificati di Pio IX e Leone XIII, una di quelle figure, oggi poco nota, che seppe muoversi con abilità e ingegno nel complicato labirinto dell’aristocrazia romana fu la marchesa Beatrice Sacchetti nata principessa Orsini.
Discendente di una delle più illustri e antiche famiglie d’Italia, che vantava tra i suoi avi ben tre papi, figlia del Senatore di Roma e Principe Assistente al Soglio Pontificio, nipote del più ricco banchiere dell’Urbe e moglie del Foriere Maggiore dei Sacri Palazzi Apostolici, Beatrice ricopriva senza dubbio una posizione di alto rilievo tra le fila dell’aristocrazia romana.
L’ingresso di Beatrice nella famiglia Sacchetti portò grande lustro alla casata, garantendole, tra l’altro, solide alleanze parentali con le più altolocate famiglie principesche dell’epoca, gli Orsini, i Barberini e i Torlonia. Ha difeso con fierezza la bandiera del Papato e ha saputo riaffermare il prestigio del suo nuovo casato riportandolo agli antichi splendori. Donna affascinante e di carattere volitivo, alla dissoluzione dello Stato Pontificio prese a cuore la causa del Pontefice, manifestando costantemente la sua fedeltà e devozione al Papa e alla Santa Sede attraverso iniziative che spesso venivano avviate e condotte in pieno accordo con gli autorevoli ospiti del suo salotto.
Attirati dal suo carisma, frequentavano il suo salotto, nell’affascinante scenario delle sale affrescate di Palazzo Sacchetti in via Giulia, per lo più influenti membri del patriziato “nero” di Roma che avevano conservato un indissolubile legame con la Santa Sede, di cui costituivano parte integrante in ruoli di alto prestigio che conferivano al loro blasone autorevolezza e potere, mentre avversavano come meglio potevano le nuove istituzioni italiane che avevano occupato l’Amministrazione della Città Eterna dopo la breccia di Porta Pia.
Colta, raffinata, pia e caritatevole, tradizionalista e conservatrice, fu quindi un punto di riferimento per tutti i nobili fedeli al Papa, profondamente ostili verso quella corte sabauda che aveva costretto ad una reclusione volontaria in Vaticano Papa Pio IX e che, per protesta contro gli usurpatori, stabilirono all’unanimità di chiudere i portoni dei loro palazzi in segno di lutto.
I meriti di Beatrice non si sono evidenziati per azioni eclatanti, ma il successo della sua opera si è rivelato nella discreta ma penetrante influenza che ha saputo esercitare tra le famiglie patrizie del suo tempo, meritando di essere da loro considerata una vera “Regina nera” tra la nobiltà nera dell’Urbe.
Cronisti e scrittori dell’epoca descrissero Beatrice nelle appropriate vesti di “Regina Nera” nei loro testi: «Una dama bruna, con i capelli folti […], col severo profilo, la bocca alteramente atteggiata a un lieve sorriso, e due occhi così penetranti, così intelligenti, così vivi, che mi soggiogavano. […] Non vidi altro che lei, e la mente mia fu riportata in pieno Medio Evo, allorché vi erano a Roma dame di forte carattere, d’indole ferrea, che creavano papi e li scacciavano […]. La dama, che riportava così il mio pensiero in pieno Medio Evo, era la discendente degli Orsini, la marchesa Beatrice Sacchetti, nei cui occhi lampeggia un fuoco intenso, una fiera espressione di dominio»[1].
Uno dei mezzi che certamente le hanno conferito maggior successo è stata la politica matrimoniale applicata alla sua numerosa prole, che le ha permesso di concentrare sulla sua famiglia alleanze di grande spessore, utili sia per ampliare il prestigio in seno alla Corte Pontificia sia per conseguire proficui vantaggi patrimoniali.
Mediante tale politica si imparentò con le grandi famiglie del patriziato sia romano che fiorentino e riuscì a rigenerare un casato, quello dei Barberini, sull’orlo dell’estinzione. I vantaggi patrimoniali che ne derivarono le consentì di riportare il casato dei Sacchetti a una situazione di fasto e di potere appartenuta ai lontani tempi dell’avo cardinale Giulio Sacchetti, che per due volte nel Seicento aveva mancato il soglio pontificio, ma mai dimenticati.
Era infine molto apprezzata per le sue innate doti caritatevoli che la ponevano tra le prime nobildonne che offrivano assistenza a favore di ospedali, scuole, asili e private famiglie di Roma, che da lei traevano sostentamento e conforto, tanto da essere ricordata come «vero modello di nobildonna»[2] che «mantenne le avite tradizioni del patriziato romano, rifulgendo delle più splendide virtù religiose e cittadine»[3].
In questo libro si racconta la vita di Beatrice Sacchetti, la storia della sua famiglia e di quelle che lei ha attratto nella sua sfera d’influenza, allungando contemporaneamente lo sguardo anche sulle vicende storiche e sulle cronache quotidiane relative a quel complesso e agitato periodo risorgimentale e postunitario che ha caratterizzato l’Italia nel XIX secolo.
LA SCHEDA DEL LIBRO
Titolo: Beatrice Orsini Sacchetti la regina nera nella Roma papalina del XIX secolo
Autore: Andrea Cotticelli
Editore: De Luca Editori D’Arte
Patrocinio: Fondazione Giulio e Giovanna Sacchetti Onlus
Nella seconda metà dell’Ottocento, durante i pontificati di Pio IX e Leone XIII, la marchesa Beatrice Sacchetti nata principessa Orsini seppe muoversi con abilità e ingegno nel complicato labirinto dell’aristocrazia romana, difendendo con fierezza la bandiera del Papato, tanto da meritare il titolo di “Regina Nera” tra la nobiltà nera di Roma.
Discendente di una delle più illustri e antiche famiglie d’Italia, Beatrice era la figlia del Senatore di Roma e Principe Assistente al Soglio Pontificio, nipote del più ricco banchiere dell’Urbe e moglie del Foriere Maggiore dei Sacri Palazzi Apostolici.
L’ingresso di Beatrice nella famiglia Sacchetti portò grande lustro alla casata e il suo salotto, nell’affascinante scenario delle sale affrescate di Palazzo Sacchetti in via Giulia a Roma, accolse i grandi nomi della nobiltà e del clero, ufficiali dell’esercito pontificio, diplomatici stranieri, artisti e intellettuali.
Donna affascinante e di carattere volitivo, alla dissoluzione dello Stato Pontificio prese a cuore la causa del Pontefice, manifestando costantemente la sua fedeltà e devozione al Papa e alla Santa Sede e si rivelò un punto di riferimento per tutta la nobiltà nera che, per protesta contro gli usurpatori di Roma, stabilirono all’unanimità di chiudere i portoni dei loro palazzi in segno di lutto.
Sullo sfondo delle vicende del periodo risorgimentale e postunitario che hanno caratterizzato Roma nel XIX secolo, Beatrice riuscì anche a riportare il casato dei Sacchetti a una situazione di fasto e di potere appartenuta ai lontani tempi dell’avo cardinale Giulio Sacchetti, che per due volte nel Seicento aveva mancato il soglio pontificio.
Grazie alla sua politica matrimoniale, applicata alla numerosa prole, i Sacchetti si imparentarono con le più influenti famiglie del patriziato sia romano che fiorentino, rigenerando addirittura il casato dei Barberini sull’orlo dell’estinzione, consolidarono le loro risorse patrimoniali e soprattutto il loro prestigio in seno alla Corte Pontificia, ricoprendo ruoli di primo piano che hanno saldamente mantenuto fino agli inizi del XXI secolo.
Andrea Cotticelli, nato a Roma il 29 luglio 1982, giornalista professionista, ha conseguito la Laurea Specialistica in Editoria e Giornalismo presso l’Università LUMSA di Roma e il Master di Secondo Livello “Parlamento e Politiche Pubbliche” presso l’Università LUISS di Roma.
Ha collaborato per il settimanale “Panorama”, l’Agenzia di Stampa “ANSA”, il “TG3” e il Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Ha lavorato in qualità di addetto stampa del gruppo parlamentare Movimento per le Autonomie (MPA) presso la Camera dei Deputati e dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa – INVITALIA, dove ha svolto anche l’attività di redattore del portale di comunicazione scientifica “Researchitaly” del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.
Appassionato di storia moderna e contemporanea, con particolare riguardo al periodo che va dal Risorgimento alla Prima Guerra Mondiale, ha pubblicato il libro “La Propaganda Italiana nella Grande Guerra” edito da Pagine s.r.l. nella collana “i libri del Borghese”.
[1] Emma Perodi, Cento Dame Romane: Profili, Roma, Stab. Bontempelli, 1895, pagg. 151-152
[2] “La Civiltà Cattolica”, Anno Cinquantesimoterzo, Vol. V. della serie decimaottava, Necrologio della Marchesa Donna Beatrice Sacchetti nata Principessa Orsini, Roma, Direzione e Amministrazione Via di Ripetta 246, 1902, pag. 476
[3] Ibidem
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