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A Fermignano una mostra fotografica di Silvano Bacciardi dedicata all’Opificio Carotti

A Fermignano una mostra fotografica di Silvano Bacciardi dedicata all’Opificio Carotti

FERMIGNANO – Fermignano ospita una mostra fotografica di Silvano Bacciardi dedicata all’Opificio Carotti.

– Il tuo ritorno a Fermignano dopo 25 anni con una mostra fotografica della memoria sull’Opificio Carotti.

– È per me una esperienza importante, alla quale tengo molto. Tutto ebbe inizio 25 anni fa, quando prima di lasciare Fermignano mi ero riproposto di fare un omaggio a mio padre che per diversi anni aveva lavorato al Lanificio. La curiosità  e il desiderio di fotografare questo luogo così iconico di cui tutti conoscevamo solo le pareti esterne bagnate dal Metauro, ha fatto il resto. Credo di essere stato uno dei primi a scendere nei gironi dell’Opificio con una macchina fotografica, purtroppo un poco in ritardo perché l’attività produttiva stava terminando. Le immagini che realizzai allora, raccolte sotto il titolo “Il cielo sotto” sono immagini dall’ atmosfera crepuscolare dove si ravvisa a volte una certa tensione tra memoria e oblio, immagini con una emotività sentimentale rivolta al passato, come a voler visualizzare le scene dei tanti racconti che sentivo in famiglia e nelle strade paesane. Tante macchine ormai ferme, altre smontate e pronte per il trasloco… tanti segni e tracce nel tempo del lavoro degli operai. Oggi mi chiedo quali e quante delle pulsioni di allora mi appartengono e mi guidano ancora nel fare fotografie. A questo proposito ”Acqua corrente” (26 ottobre, ore 15 Sala Bramante di Fermignano, ore 16.00 all’ex Opificio Carotti, entrata Corso Bramante ndr) è stata una opportunità e un invito alla riflessione intorno al tempo e alla evoluzione della narrazione per immagini, oltre che una sorta di  analisi privata del mio operare di fotografo. In tutti questi anni il mondo è cambiato notevolmente, io con lui e le immagini con me. “Mi sono sentito diverso immergendomi due volte nello stesso fiume”.

– Bacciardi e la fotografia un amore a prima vista?

– In un certo senso si, tanto che lasciai la facoltà di architettura a Firenze quando superai l’esame di ammissione all’ ISIA di Urbino, dove ho avuto l’opportunità di studiare fotografia full time per 4 anni. La grafica però mi seguì, forse dovrei dire mi tormentò ancora per diversi anni portandomi già ai tempi della scuola a lavorare con Alfred Hoenneger per il CONI poi a Torino e Roma nell’agenzia Armando Testa fino al 1989 quando mi trasferii definitivamente a Pesaro, dove Fulvia, mia moglie, stava già collaborando come fotografa con il Rossini Opera Festival. In seguito insieme abbiamo creato lo “Studio Amati Bacciardi” dove da allora mi occupo prevalentemente di fotografia e comunicazione a livello professionale contemporaneamente ad una attività di ricerca personale.

Quali emozioni scendere in quel “cielo sotto” e rappresentare oggi una realtà di silenzi.

– Fotografare di nuovo al lanificio mi ha procurato anche a distanza di tanti anni forti emozioni e mi ha permesso di visitare luoghi sconosciuti, come ad esempio la camera di carico delle turbine e il canale di scarico della centrale, un percorso sotterraneo di 160 metri, in gran parte scavato a mano. Emozionante è altresì il pensiero di poter condividere queste immagini con tutti contribuendo a formare e rinsaldare la memoria collettiva e il senso di identità e appartenenza ad un luogo. In questo senso trovo che una operazione come “Memorie sull’acqua” (26 ottobre, 2, 8 e 10 novembre- ndr) che nasce da un’idea di mostra fotografica per svilupparsi poi in più eventi a tema unico e una programmazione articolata degna di un “Festival”, con interventi teatrali, tavole rotonde (10 novembre) e memorie culinarie con la partecipazione di Giulia Brandi (8 novembre) e Lucia  Ferrati (2 novembre), sia molto importante per l’evoluzione della vita sociale di un paese.

– Da Carotti ha lavorato tuo padre. Nel fotografare hai cercato anche il contatto di un lascito anche immateriale di circa 400 operai, considerando l’indotto, che facevano girare l’economia del paese?

– Uso la fotografia come forma di apprendimento e faccio inevitabilmente sempre un pò di ricerca sul campo; mi muove di più la curiosità dell’antropologo piuttosto che quella del cronista, cerco elementi per le mie fotografie propedeutici ad una riflessione sulle attività dell’uomo piuttosto che reperti per un indagine. Va da se che la presenza degli operai e del lavoro incessante di quel luogo si avverte ma è soprattutto il  battito delle turbine che mi attrae dandomi la sensazione che tutto sia pronto per una nuova avventura umana e imprenditoriale

– Una mostra di archeologia industriale o quant’altro?

Alcune immagini del ‘94  potrebbero essere assimilate alla fotografia di archeologia industriale. Sono semplici e documentali, raccontano le vicissitudini della società industrializzata, la storia e le trasformazioni dell’economia di un territorio. Le nuove immagini sono invece più un racconto personale attraverso elementi, talora anche astratti, legate a una idea di rinascita e di positività senza indulgenze alla nostalgia. Le immagini prendono spunto dalla luce che inonda i locali  dopo il crollo del 2012 e come la luce vogliono essere energia, la stessa che si percepisce in questo luogo dopo il lavoro di restauro e ripristino di un imprenditore coraggioso come Giovanni Pagliardini. Attraverso l’ iniziativa “Memorie sull’acqua” io riprendo il mio ruolo di testimone attraverso le fotografie e il lanificio riprende il suo posto nella storia, nella continuità del tempo con l’auspicio che ritorni ad essere un centro nevralgico dell’economia e della cultura  marchigiana e italiana. Mi piace pensare inoltre che  questo nuovo progetto di “Fiume di Carta Fest”, sia l’occasione per pensare alla possibilità di realizzare un archivio fotografico delle vecchie  e nuove attività produttive del territorio. (eg)

 

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