CRONACAIN PRIMO PIANOSENIGALLIA

Il processo per l’alluvione di Senigallia, chiesta dall’avvocato Paradisi l’estromissione del Comune come parte civile

Il processo per l’alluvione di Senigallia, chiesta dall’avvocato Paradisi l’estromissione del Comune come parte civile

Dopo l’udienza di questa mattina il procedimento è stato aggiornato al 29 aprile per consentire un esame approfondito della documentazione presentata. Chiesti danni per oltre 40 milioni di euro

ANCONA – Dopo l’udienza di questa mattina è stato aggiornato – al 29 aprile – il procedimento per l’alluvione di Senigallia del 3 maggio 2014 che causò tre decessi e danni per milioni di euro. Con questa decisione il giudice ha voluto dar modo alle difese di consultare la documentazione presentata dalle parti offese.

Va detto che superano i 40 milioni di euro i danni chiesti dalle parti offese, tra cui, al momento, figura ancora il Comune di Senigallia che ha presentato un conto da 9 milioni di euro. Nell’udienza di questa mattina davanti al Gup di Ancona Francesca De Palma hanno infatti chiesto di costituirsi parti civili, oltre al Comune, 376 persone fisiche (la maggioranza assistita dall’Unione nazionale consumatori), tra le quali i familiari di tre persone decedute, e 24 aziende.

In otto rischiano il processo per reati, contestati a vario titolo, che vanno dall’omicidio plurimo colposo alle lesioni gravi, all’inondazione, all’abuso d’ufficio ed al falso ideologico. Tra gli imputati il sindaco di Senigallia Maurizio Mangialardi, l’ex sindaco Luana Angeloni, tecnici, consulenti, dirigenti della Regione e del Comune.

Questa mattina la Procura della Repubblica di Ancona ha anche fatto propria la richiesta avanzata dall’avvocato Roberto Paradisi di esclusione del Comune di Senigallia quale parte civile nel processo. Dopo l’intervento in aula dell’avvocato Paradisi, difensore di più parti civili, che esortava ex art. 80 del codice di procedura penale la Procura ad avanzare al Giudice tale richiesta, la dottoressa Irene Bilotta ha formalizzato l’istanza e il Giudice, dottoressa Francesca De Palma, si è riservata la decisione, anche all’esito delle repliche che avverranno il prossimo 29 aprile.

“Avevo preannunciato questa richiesta e, all’udienza di oggi – ci ha detto l’avvocato Roberto Paradisi, difensore di otto parti civili -, ho formalmente chiesto alla Procura di prendere posizione. Saluto con favore – e non senza soddisfazione – l’iniziativa del pool dell’accusa che ha pienamente condiviso tutte le mie perplessità giuridiche (sempre esternate nel corso dell’ultimo anno). In poche parole, sostenevo – e oggi lo sostiene anche la Procura – che non è possibile pensare che l’Ente (in questo caso il Comune) possa dolersi e pretendere un risarcimento – al pari di centinaia di cittadini danneggiati dal comportamento di Comune, Provincia e Regione – da quei soggetti legittimati ad agire in suo nome e per suo conto. L’ex sindaco Angeloni, l’attuale sindaco Mangialardi e i due dirigenti apicali imputati hanno sempre infatti agito per conto del Comune di Senigallia, rappresentandone la volontà a tutti gli effetti.

“Il Comune, insieme a Regione e Provincia – ha poi aggiunto l’avvocato Paradisi -, è l’Ente tenuto astrattamente a risarcire i danni ai cittadini non certo a mettersi in fila per sottrarre risorse ai cittadini danneggiati. La duplice veste di responsabile civile per fatto dell’imputato (la giusta veste che dovrà assumere il Comune in quanto tenuto al risarcimento in caso di condanna dei propri rappresentanti) e di “parte civile” (cioè soggetto danneggiato) appare contrastante – come peraltro ha spiegato in più occasioni il Tribunale di Milano in casi analoghi – con i principi generali dell’ordinamento penalistico”.

Le indagini, coordinate da un pool di magistrati, composto dai sostituti procuratori Irene Bilotta, Rosario Lionello e Ruggiero Di Cuonzo, sono state svolte dai Carabinieri forestali del Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale e Forestale di Ancona e della Stazione Carabinieri forestali di Senigallia.
Gli inquirenti hanno esaminato oltre 30.000 pagine, escusso 118 testimoni, analizzato tabulati telefonici e visionato ore di immagini, registrate dagli elicotteri delle forze dell’ordine e dalle telecamere di sorveglianza nel corso dell’emergenza alluvionale.
Gli aspetti tecnici sono stati valutati da un consulente tecnico, nominato dal Pool, esperto di costruzioni idrauliche, sistemazioni di bacini idrografici e sistemi previsionali di protezione civile.
Va inoltre aggiunto che le complesse indagini non hanno riguardato solamente le azioni poste in essere nel corso dell’emergenza di protezione civile, ma sono stati esaminati attentamente anche i profili relativi allo stato delle opere fluviali, alla programmazione, progettazione ed esecuzione dei lavori sugli argini e presso il porto di Senigallia, la mancata realizzazione delle casse di espansione e le istruttorie di approvazione del Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) per il bacino del Misa.
Secondo quanto si è appreso nel corso dell’inchiesta è anche emersa la totale inadeguatezza delle prescritte attività di vigilanza idraulica e servizio di piena, in prossimità degli argini del Misa, ai sensi del Regio Decreto 2669 del 1937 e del più recente Piano provinciale di emergenza per il servizio di piena, poiché non era stato predisposto alcun rafforzamento dei servizi, e gli interventi erano stati adottati con grave ritardo, nonostante il Centro funzionale della Regione Marche avesse emanato, con congruo anticipo, gli avvisi di condizioni meteo avverse e criticità idrogeologica.
L’esito degli accertamenti ha anche evidenziato il grave stato di abbandono delle arginature, invase da vegetazione intricata e perforate da numerose tane di animali selvatici. Situazione che ha determinato il cedimento dei corpi arginali e l’esondazione del Misa. Lo stato di abbandono delle arginature è stato attribuito dagli inquirenti alle carenti attività di programmazione da parte della Regione Marche, ma anche alla progettazione ed esecuzione dei lavori, ritenuti tecnicamente inadeguati e non rispondenti alle priorità indicate nel Piano di Assetto Idrogeologico.
E’ stata esaminata inoltre la documentazione istruttoria che ha condotto alla perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico del bacino del Misa, approvate con il PAI, ed il relativo processo di deperimetrazione avviato su richiesta del Comune di Senigallia. Con la deperimetrazione ottenuta dal Comune di Senigallia, sono risultate escluse dalle aree a rischio idrogeologico, e quindi anche dalle misure prescritte per l’allertamento ed il soccorso della popolazione, vaste superfici che, in passato, erano state interessate da esondazioni, come Borgo Molino e Borgo Bicchia, colpite dall’alluvione del 1976, quest’ultima peraltro teatro del decesso di una giovane donna travolta dall’ondata di piena. Risulta stralciata, su richiesta del Comune di Senigallia, anche parte del centro storico interessato dall’evento alluvionale del 2014.
L’esposizione a rischio delle aree deperimetrate era ulteriormente aggravata dalla mancata realizzazione delle casse di espansione, ritenute opere strategiche indispensabili per proteggere l’abitato di Senigallia dal rischio esondazioni, finanziate sin dagli anni ’90 con fondi statali, ma mai realizzate, anche per i notevoli ritardi verificatisi nell’adozione dei provvedimenti necessari.
Inoltre sono stati esaminati gli elaborati progettuali e l’istruttoria di finanziamento, con fondi europei, della pista denominata “PercorriMisa”, inizialmente progettata come pista ciclabile per sole finalità turistiche, ma successivamente definita “percorso di controllo e dì guardia idraulica”, per accedere ai finanziamenti europei. Tuttavia, secondo gli inquirenti, quei finanziamenti, pari a circa 500.000 euro, dovevano essere spesi per opere prioritarie per la difesa idrogeologica, idonee ad evitare la rottura degli argini e l’esondazione del fiume Misa.
Infine gli inquirenti hanno valutato i lavori di trasformazione della nuova darsena portuale di Senigallia, realizzati nel 2008 dal Comune di Senigallia, riscontrando un sostanziale aggravio del rischio alluvionale per la riduzione del deflusso delle acque fluviali verso il mare.

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