Il Comune di Senigallia si costituirà parte civile nel procedimento per l’alluvione del 3 maggio 2014
Il Comune di Senigallia si costituirà parte civile nel procedimento per l’alluvione del 3 maggio 2014
“E’ un atto dovuto e cautelativo”. La decisione è stata presa dalla Giunta comunale in vista dell’udienza preliminare in programma lunedì 12 novembre, ad Ancona. Tra le persone che rischiano di essere processate ci sono anche il sindaco Maurizio Mangialardi ed il suo predecessore Luana Angeloni
SENIGALLIA – Il Comune di Senigallia si costituirà parte civile nel procedimento penale relativo all’alluvione del 3 maggio 2014. E’ quanto si legge nella delibera della Giunta comunale (la 209/2018) con cui si è formalizzato di voler esercitare i propri diritti nell’udienza preliminare da tempo programmata per lunedì 12 novembre, ad Ancona.
Nel documento si legge anche che si tratta di un atto dovuto al fine di avvalersi delle facoltà e dei diritti previsti. In un altro passo della delibera viene poi precisato, con molta chiarezza, che la decisione non è sinonimo di condanna dell’operato degli imputati, cui viceversa deve essere riconosciuta la presunzione di non colpevolezza.
Va ricordato che rischiano un processo il sindaco di Senigallia Maurizio Mangialardi, il suo predecessore Luana Angeloni, il dirigente dell’Area tecnica Gianni Roccato, il comandante della Polizia municipale Flavio Brunaccioni (nel 2014 era anche alla guida della Protezione civile locale).
Le altre richieste di rinvio a giudizio riguardano Massimo Sbriscia, ex dirigente della Provincia di Ancona; Mario Smargiasso, direttore dell’Autorità di Bacino; l’ingegner Alessandro Mancinelli, consulente del Comune di Senigallia nella fase di riperimetrazione del Pai; Libero Principi, dirigente della Regione.
I magistrati della Procura di Ancona hanno invece stralciato le posizioni di Marcello Principi, dirigente dell’Autorità di Bacino; Roberto Renzi, ex dirigente della Provincia di Ancona e Fabio Gagliardi, nel 2014 incaricato del piano di Protezione civile della Provincia.
Sarà ora il giudice, in occasione dell’udienza preliminare di lunedì, a valutare la sussistenza degli elementi presentati dai magistrati della Procura anconetana, per suffragare la richiesta di rinvio a giudizio.
Le indagini, coordinate da un pool di magistrati, composto dai sostituti procuratori Irene Bilotta, Rosario Lionello e Ruggiero Di Cuonzo, sono state svolte dai Carabinieri forestali del Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale e Forestale di Ancona e della Stazione Carabinieri forestali di Senigallia.
Gli inquirenti hanno esaminato oltre 30.000 pagine, escusso 118 testimoni, analizzato tabulati telefonici e visionato ore di immagini, registrate dagli elicotteri delle forze dell’ordine e dalle telecamere di sorveglianza nel corso dell’emergenza alluvionale.
Gli aspetti tecnici sono stati valutati da un consulente tecnico, nominato dal Pool, esperto di costruzioni idrauliche, sistemazioni di bacini idrografici e sistemi previsionali di protezione civile.
Va inoltre aggiunto che le complesse indagini non hanno riguardato solamente le azioni poste in essere nel corso dell’emergenza di protezione civile, ma sono stati esaminati attentamente anche i profili relativi allo stato delle opere fluviali, alla programmazione, progettazione ed esecuzione dei lavori sugli argini e presso il porto di Senigallia, la mancata realizzazione delle casse di espansione e le istruttorie di approvazione del Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) per il bacino del Misa.
Secondo quanto si è appreso nel corso dell’inchiesta è anche emersa la totale inadeguatezza delle prescritte attività di vigilanza idraulica e servizio di piena, in prossimità degli argini del Misa, ai sensi del Regio Decreto 2669 del 1937 e del più recente Piano provinciale di emergenza per il servizio di piena, poiché non era stato predisposto alcun rafforzamento dei servizi, e gli interventi erano stati adottati con grave ritardo, nonostante il Centro funzionale della Regione Marche avesse emanato, con congruo anticipo, gli avvisi di condizioni meteo avverse e criticità idrogeologica.
L’esito degli accertamenti ha anche evidenziato il grave stato di abbandono delle arginature, invase da vegetazione intricata e perforate da numerose tane di animali selvatici. Situazione che ha determinato il cedimento dei corpi arginali e l’esondazione del Misa. Lo stato di abbandono delle arginature è stato attribuito dagli inquirenti alle carenti attività di programmazione da parte della Regione Marche, ma anche alla progettazione ed esecuzione dei lavori, ritenuti tecnicamente inadeguati e non rispondenti alle priorità indicate nel Piano di Assetto Idrogeologico.
E’ stata esaminata inoltre la documentazione istruttoria che ha condotto alla perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico del bacino del Misa, approvate con il PAI, ed il relativo processo di deperimetrazione avviato su richiesta del Comune di Senigallia.
Con la deperimetrazione ottenuta dal Comune di Senigallia, sono risultate escluse dalle aree a rischio idrogeologico, e quindi anche dalle misure prescritte per l’allertamento ed il soccorso della popolazione, vaste superfici che, in passato, erano state interessate da esondazioni, come Borgo Molino e Borgo Bicchia, colpite dall’alluvione del 1976, quest’ultima peraltro teatro del decesso di una giovane donna travolta dall’ondata di piena. Risulta stralciata, su richiesta del Comune di Senigallia, anche parte del centro storico interessato dall’evento alluvionale del 2014.
L’esposizione a rischio delle aree deperimetrate era ulteriormente aggravata dalla mancata realizzazione delle casse di espansione, ritenute opere strategiche indispensabili per proteggere l’abitato di Senigallia dal rischio esondazioni, finanziate sin dagli anni ’90 con fondi statali, ma mai realizzate, anche per i notevoli ritardi verificatisi nell’adozione dei provvedimenti necessari.
Inoltre sono stati esaminati gli elaborati progettuali e l’istruttoria di finanziamento, con fondi europei, della pista denominata “PercorriMisa”, inizialmente progettata come pista ciclabile per sole finalità turistiche, ma successivamente definita “percorso di controllo e dì guardia idraulica”, per accedere ai finanziamenti europei.
Tuttavia, secondo gli inquirenti, quei finanziamenti, pari a circa 500.000 euro, dovevano essere spesi per opere prioritarie per la difesa idrogeologica, idonee ad evitare la rottura degli argini e l’esondazione del fiume Misa.
Infine gli inquirenti hanno valutato i lavori di trasformazione della nuova darsena portuale di Senigallia, realizzati nel 2008 dal Comune di Senigallia, riscontrando un sostanziale aggravio del rischio alluvionale per la riduzione del deflusso delle acque fluviali verso il mare.
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