AREA MISAIN PRIMO PIANOPOLITICA

“Per l’Unione dei Comuni della valle del Misa anche a Senigallia si applica il modello Juncker!”

“Per l’Unione dei Comuni della valle del Misa anche a Senigallia si applica il modello Juncker!”

Non molto tempo fa il Presidente dell’Unione Europea si distinse, in negativo, per aver suggerito ai governatori di “non ascoltare gli elettori” ed è triste dover ammettere che questo modello venga ampiamente applicato anche su scala locale

di DANIELE FATTORINI*

SENIGALLIA – Lo scorso 30 novembre il Consiglio comunale di Senigallia ha espresso un voto favorevole alla proposta di unione di sette comuni della vallata del Misa, tra cui appunto la nostra città. Da comune cittadino, non avendo mai sentito parlare di questo progetto di unione, ma immaginando che si potesse trattare del risultato di un lungo lavoro da parte delle amministrazioni coinvolte, mi sono subito chiesto se fossi stato poco attento, o poco sensibile a tali tematiche, da non rendermi conto di quanto stesse accadendo nel nostro territorio.

Questo mi ha spinto a cercare di comprendere meglio la questione e subito ho potuto trovare conforto e rassicurazione, constatando di non aver peccato di scarsa partecipazione alle vicende della nostra città, ma semplicemente, come la maggior parte dei miei concittadini, sono stato mantenuto completamente all’oscuro del percorso tracciato per arrivare alla definizione dell’Unione tra i Comuni. Dalle prime dichiarazioni uscite a mezzo stampa, è risultato subito chiaro, infatti, che l’amministrazione di Senigallia ha concesso tempi strettissimi ai membri del Consiglio comunale per l’esame del progetto e dei relativi atti e per effettuare una adeguata valutazione dell’opportunità e della convenienza per la cittadinanza, ma cosa ancor più preoccupante è che si è ben guardata dal comunicarlo ai propri cittadini.

Personalmente non sono contrario a questa unione dei Comuni per partito preso, ma vorrei capire meglio a cosa si sta andando incontro e sospetto che questo possa rappresentare il sentimento di moltissimi altri cittadini di Senigallia. Volendo partire da quelli che sono i documenti ufficiali, nelle pagine istituzionali del Municipio sono disponibili lo Statuto, l’Atto costitutivo e lo studio di fattibilità.

I primi due documenti, tra le altre cose, descrivono le finalità di questo percorso, che letteralmente sono le seguenti: 1) L’Unione concorre, con i Comuni che la costituiscono, alla soddisfazione dei bisogni, al progresso del benessere economico, sociale e culturale della comunità locale di riferimento. 2) L’Unione realizza, per le materie di propria competenza, l’integrazione delle politiche e dell’azione amministrativa dei Comuni che la costituiscono, con il fine di perseguire, nel rispetto delle specificità dei singoli territori, il miglioramento e lo sviluppo dell’adeguatezza e dell’efficienza delle risposte e dei servizi resi alla propria comunità. 3) L’Unione favorisce il consolidamento dei rapporti di collaborazione fra i Comuni che la costituiscono, le istituzioni pubbliche e tutti gli altri soggetti che concorrono alla realizzazione delle risposte ai bisogni della propria comunità di riferimento, contribuendo così al processo di ammodernamento e sviluppo dell’amministrazione pubblica.

A prima vista queste finalità sembrano esprimere contenuti ridondanti ed assolutamente poco chiari, lasciando scaturire alcuni dubbi. Quali sarebbero, ad esempio, i bisogni della comunità da soddisfare? Questi sono stati esaminati in risposta a specifiche richieste della cittadinanza? In che sedi ed in quali contesti? Le esigenze o i bisogni dei cittadini delle varie realtà comunali che si apprestano all’unione sono sovrapponibili o in conflitto? Per quanto riguarda invece lo studio di fattibilità, questo descrive solamente i potenziali vantaggi derivanti dall’Unione dei Comuni, ma non esamina in senso critico gli eventuali svantaggi. Si fa riferimento inoltre a vantaggi di ordine economico, ma non vengono quantificati. Pro e contro di questa unione potranno essere probabilmente chiari agli amministratori, ma senz’altro non ai cittadini. Sembra inoltre che le amministrazioni coinvolte siano al lavoro su questi aspetti da circa due anni, quindi viene spontaneo chiedersi se Senigallia stesse già programmando l’Unione con i Comuni della vallata del Misa, mentre contemporaneamente veniva posto alla cittadinanza il quesito referendario in merito alla fusione con Morro d’Alba.

In definitiva devo dire che attraverso l’esame dei documenti disponibili e dalle prime, poche dichiarazioni o prese di posizioni pubbliche da parte delle realtà politiche del territorio, risulta molto difficile comprendere pienamente le reali motivazioni di questa Unione dei Comuni, così come non si comprende appieno quelli che potranno essere i futuri risvolti ed opportunità. Non solo, ma il difetto di comunicazione tra le amministrazioni e le cittadinanze coinvolte fa sì che non sia assolutamente chiaro quale sia il sentimento dei propri concittadini, ma anche di quelli delle altre realtà locali coinvolte nell’Unione.

Esaminando poi le specifiche relative alla costituzione del Consiglio dell’Unione, facendo qualche rapido calcolo si può facilmente dedure che quasi il 73% dei membri viene eletto tra tutti i consiglieri di maggioranza dei vari Comuni, mentre il restante 27% viene destinato alle rappresentanze di opposizione. Se si tiene conto che quasi tutti i sette Comuni coinvolti nell’Unione, che a parte Senigallia sono Arcevia, Barbara, Ostra, Ostra Vetere, Serra de’ Conti e Trecastelli, sono guidati da un Sindaco e da un Consiglio a maggioranza del partito democratico o comunque riconducibile a quest’ultimo, appare subito chiaro che il futuro Consiglio dell’Unione, almeno in fase iniziale, si garantisce una ampia maggioranza di partito o di coalizione, ben più forte di quella rappresentata in seno ai singoli Consigli comunali.

Senigallia ad esempio ha un Consiglio caratterizzato da circa il 60% di Consiglieri della coalizione di maggioranza e credo di non sbagliarmi se affermo che questa distribuzione possa essere più o meno la stessa in tutti gli altri Comuni dell’Unione. Un aspetto non da poco se si considera che, come espressamente citato nello Statuto, “l’Unione, attraverso i propri organi di Governo, individua le politiche e gli indirizzi in merito alle risposte da adottare anche con il coinvolgimento di soggetti terzi presenti nel tessuto economico sociale di riferimento” (Art. 9, comma 2), oltre al fatto che “L’Unione, per le materie ad essa conferite dai Comuni partecipanti, esercita le funzioni (tra le altre) di definizione delle politiche, degli indirizzi e delle regolamentazioni delle azioni di risposta ai bisogni della comunità” (Art. 7, comma 2).

Preso atto di tali considerazioni, e tenuto conto del fatto che i cittadini non sono stati in alcun modo coinvolti nelle dinamiche cha hanno portato alla definizione dell’Unione dei Comuni, viene il forte sospetto che questa sia stata orchestrata per assolvere a specifiche esigenze partitiche piuttosto che ai bisogni reali della cittadinanza. Forti dubbi scaturiscono anche dall’analisi dei rapporti tra le realtà locali che andranno unendosi, poiché è chiaro che Senigallia avrà un peso non indifferente all’interno della costituita Unione dei Comuni, in virtù del fatto che da sola conta circa il 60% della popolazione complessiva. Anche in questo caso, basta fare pochi, rapidi calcoli per verificare che Senigallia conterà circa il 30% dei Consiglieri di maggioranza all’interno del Consiglio dell’Unione, spostando quindi in maniera determinante gli equilibri politici all’interno dell’Unione stessa.

Anche per questi aspetti, ma non solo, ad oggi l’Unione dei Comuni sembra avvantaggiare più che altro Senigallia a scapito dei Comuni della vallata che avrebbero forse trovato maggiore giovamento da una unione tra loro, considerando le varie realtà più simili ed omogenee da un punto di vista territoriale e demografico. Viene nuovamente il dubbio che le amministrazioni più piccole che afferiranno all’Unione dei Comuni si siano dovute piegare a logiche di partito, piuttosto che ad un confronto con le esigenze delle singole realtà locali.

E’ chiaro che queste dinamiche non possono far altro che mettere a rischio l’identità culturale, territoriale e la storia unica di ciascun Comune, soprattutto delle realtà locali demograficamente più piccole. Personalmente ritengo che la mancata comunicazione tra i Comuni ed i propri cittadini sia di per se un aspetto preoccupante, che denota innanzi tutto una scarsa considerazione da parte delle amministrazioni per la cittadinanza, chiamata ad accettare al buio ed in silenzio un cambiamento senza dubbio rilevante.

In secondo luogo, ma non meno importante, ritengo che i principi fondanti di una Unione dovrebbero essere posti intrinsecamente su una base di condivisione, benché il nostro Comune potrebbe essere tra quelli che beneficeranno maggiormente dell’Unione, come persona non accetterei di buon grado che i cittadini di altre realtà locali possano risultarne penalizzati. Credo che i principi di appartenenza, solidarietà, aggregazione, socializzazione ed unione di intenti dovrebbero prevalere, soprattutto in questi casi, rispetto alle logiche politiche e partitiche. Sarebbe davvero assurdo ed intollerabile che all’interno di una unione possano configurarsi disparità di trattamenti e benefici.

Non molto tempo fa il Presidente dell’Unione Europea Juncker si distinse, in negativo, per aver suggerito ai governatori di “non ascoltare gli elettori” ed è triste dover ammettere che questo modello venga ampiamente applicato anche su scala locale.

*Cittadino di Senigallia

 

Ag – RIPRODUZIONE RISERVATA - www.laltrogiornale.it