AREA MISACULTURA

Il giallo e il borgo marchigiano: L’accolita dei contisani, un bel libro di Marica Petrolati

Il giallo e il borgo marchigiano: L’accolita dei contisani, un bel libro di Marica Petrolati

Il giallo e il borgo marchigiano: L’accolita dei contisani, un bel libro di Marica Petrolati

di LUCA RACHETTA

Dopo Il custode delle gesta di Marcellino Marcellini, un altro giallo di ambientazione marchigiana finisce negli scaffali della Fondazione Rosellini per la letteratura popolare: L’accolita dei contisani di Marica Petrolati.

Dal territorio arceviese di Marcellini passiamo al borgo di Serra de’ Conti della Petrolati, sebbene in quest’ultimo libro la vicenda sia contestualizzata nell’immaginario centro di Contise, che di inventato sembra avere tuttavia soltanto il nome.

Come Vitaliano Brancati, nel suo Gli anni perduti, collocò la vicenda narrata in una fittizia Nataca che, della Catania reale, manteneva aspetto e cultura, compreso l’onore di aver dato i natali a uno dei figli più illustri della città, vale a dire Vincenzo Bellini, la serrana Marica Petrolati cambia il nome al paese in cui vive e lavora pur lasciando riferimenti puntuali e inequivocabili alla vera identità dello stesso: il convento di suore ora chiuso, la Centenaria Società Concertistica, la cicerchia e il vino di visciola, Bruno d’Arcevia e altro ancora. Persino il territorio circostante è lungi dall’essere camuffato, con il personaggio di don Sostene che finisce in rianimazione all’ospedale di Senigallia, Suor Angela in un laboratorio d’analisi a Jesi e il giovane Luca che percorre in Vespa la strada verso Montecarotto. Perché allora cambiare nome a un luogo che non si ha nessuna volontà di occultare? Forse per dichiarare implicitamente che non si tratta del borgo di tutti, ma di una versione soggettiva e romanzata; forse per poter narrare con affetto, ma da una prospettiva differente da quella di matrice idillica, ben più scontata e insipida, la vita della propria comunità d’appartenenza, non celandone difetti e  vizi.

I luoghi esistono molto prima della storia densa di mistero incastonata tra piazze, vie, edifici storici, case di campagna e personaggi intrisi della cultura locale; dalle crepe e dalle porosità della superficie di mura antiche e dalle spaccature delle zolle di campi dissodati traspira qualcosa di molto più antico della vicenda narrata e di ancora più antico dei suoi presupposti, vecchi di qualche decennio o di qualche generazione (il misterioso passato di alcuni contisani).

I luoghi delle Marche, nel libro della Petrolati come in quelli di altri autori nostri conterranei, rivelano, attraverso le indagini di rito di ogni giallo che si rispetti, i traumi della storia, la meschinità dell’animo umano e quant’altro non sfugga all’onestà intellettuale di chi scrive; rivelano cioè quella parte della loro essenza celata dietro le apparenze e sotto gli accesi colori del bozzetto oleografico e rassicurante da cui emergono comunque la bellezza del paesaggio, la dimensione di vita a misura d’uomo e la natura semplice e generosa dei marchigiani.

Quella sulle colline di San Paterniano era una delle sue passeggiate in Vespa preferite. Tra l’inizio e la fine di giugno, prima della mietitura del grano, prima che le cicale iniziassero a cantare. Nelle giornate limpide, proseguendo sulla strada verso Montecarotto, dopo la distesa di vigne madri del buon Verdicchio, si poteva vedere anche il mare.

Luca mosse qualche passo sull’asfalto provato dal lungo inverno.

Il silenzio era totale, il sole gli scaldava la pelle mentre una brezza leggera gli scompigliava i riccioli.

Il quadro era idilliaco.

Ma, a un certo punto, la puntina sul giradischi che suonava “Le quattro stagioni” di Vivaldi incontrò un grosso solco, inceppandosi; il fondale col cielo e le nuvole e il sole dipinto si ruppe e una marea nera, viscosa e maleodorante, imbrattò il panorama.

Crack.

Il quadro idilliaco si staccò dal muro, infrangendosi sull’asfalto screpolato. Schegge taglienti di blu, di giallo, di verde, di marrone saettarono vicino al suo viso, portando bisbigli e risate demoniache.

Contise, che pareva dormire innocua di fronte alla discesa, aveva mostrato il suo vero volto.

Una storia coinvolgente, quella di Marica Petrolati, scorrevole nella trama e curata nello stile. Una lettura appagante, al di là della curiosità, più che legittima, che porterà molti lettori a prendere in mano il libro per sincerarsi dell’effetto che suscitano i luoghi familiari quando vengono messi su carta a fare da sfondo alle vicende di un romanzo.

————————————— 

Marica Petrolati

L’accolita dei contisani

Robin Edizioni, 2017.

—————————————

L’autrice

Marica Petrolati, classe 1976, vive e lavora in provincia di Ancona. Ha collaborato per diversi anni con il quotidiano Il Resto del Carlino in qualità di corrispondente locale e, saltuariamente, con altre testate.

Ha raggiunto posizioni di merito in diversi concorsi di genere, tra cui il Premio “Lovecraft” e il “Roma Noir”, che ha vinto nel 2010.

Tra raccolte personali, antologie e riviste ha all’attivo più di venti pubblicazioni.

 

 

Ag – RIPRODUZIONE RISERVATA - www.laltrogiornale.it