Un muro ha diviso al Vinitaly le Marche del vino
Un muro ha diviso al Vinitaly le Marche del vino
I due Consorzi di promozione del prodotto marchigiano nel mondo hanno rimarcato, anche a Verona, le loro distanze, all’interno di una stessa regione
VERONA – Un Vinitaly soddisfacente per tutti, ed anche le Marche ne hanno beneficiato. Anche se da noi manca sempre qualcosa di meraviglioso, utile a fare il salto di qualità e il guizzo vincente.
Boom di visitatori, molti di loro ospitati, con i biglietti offerti dalle aziende stesse, ed un nugolo di appassionati ,pronti ad assaggiare il mondo.
Di questi temi, con piacevolezza e spensieratezza, ne ho parlato in fiera, con uno storico produttore marchigiano: Giuseppe Bonci, titolare della cantina Vallerosa Bonci di Cupramontana, che ha conosciuto il Vinitaly dagli albori, quando ancora tutti i produttori italiani esponevano in un unico tavolo. E con lui abbiamo aperto numerosi versanti di discussione.
Ci racconta Bonci: “Il vino si vende, ma come Regione, nel panorama nazionale del vino, contiamo poco più dello zero virgola. Mettere d’accordo i produttori e fare squadra è difficile, proviamo a stare insieme, ma la promozione non decolla”.
“Ognuno va per conto proprio, neanche i Consorzi sono riusciti a fare squadra. Il marchigiano è individualista le grosse aziende vincono sempre. …. non c’è più un leader. ….una volta c’era Fazi Battaglia”.
Serve più incoming, e ricorda con piacere Bonci l’arrivo (circa dieci anni fa) nella sua cantina del presidente dei sommelier della Loira Christian Pechoutre, che “dopo vari e prolungati assaggi, elogiò il verdicchio.
“Oggi almeno, il cliente è migliorato e capisce di vino, ma è indolente, aggiunge Lorenzo Pandolfi, comunicatore del vino. E gli fa eco la compagna Luciana: “Noi presentiamo il territorio e facciamo davvero promozione”.
E poi permangono i soliti steccati: il padiglione delle Marche, non si è rinnovato, le bottiglie al piano superiore sono abbandonate a se stesse, senza una briciola di racconto. Ed un vino senza narrazione, perde tutto il suo fascino. Manca empatia con il consumatore.
Serve brillantezza mentale, un pensatoio nobile e un laboratorio di idee. Invece lo stand è tale e quale da dieci anni, e non si capisce proprio perché. Nell’anno della rivalsa, nell’anno della riscossa, dove serve un’immagine fonte di speranza anche economica, tutto tace.
Quando tutti i muri cadono, nelle Marche scopri gli steccati; davvero orribile la presenza di un muretto che delimita, che distingue, che separa, i produttori di Orgoglio Piceno da quelli di Imt, ossia, i due Consorzi di promozione del vino nel mondo, che rimarcano la propria divisione, all’interno di una stessa regione. Non bastava mettere una bella pianta verde, magari un ulivo, invece di un muro?
E’ veramente brutto e fuorviante, per una regione come la nostra, alzare paletti, muri e steccati, invece di spingere, su aperture mentali e collaborazioni fattive. Incomprensibile chi lo ha voluto e chi lo ha permesso. A chi servono due Consorzi, a chi portano vantaggi. E con quale immagine di spaccatura ci presentiamo: “questa è miopia politica o arretratezza culturale”.
Tutto questo, mentre l’Europa ci chiede di aggiungere in etichetta il numero di calorie del vino e mentre le graduatorie dell’Ocm vino, come rivela il ministroMartina sono sotto gli occhi dei giudici.
Indecifrabile poi il ruolo del Food brand Marche, posizionato, all’Agrifood. Ho sperato fino all’ultimo di trovare pastori, norcini, frantoiani e allevatori delle “zone del cratere”, portati a Verona in segno di visibilità e perché no, anche di riscatto! …e invece zero virgola.
Avremmo dovuto seguire l’ esempio che ci è stato fornito in fiera da un’azienda privata, come Le Tenute del Cerro, che ha voluto fortemente, accanto ai suoi vini, tutelare il “Pecorino di Farindola” quasi perso, dopo la frana del Rigopiano. Grazie ad una mente lucida ed aperta come quella di Sergio Soavi (uomo di idee e di grandi vedute lungimiranti ) che assieme al produttore Martinelli, ha voluto tutto questo. Senza interesse di alcuna natura e non essendo uomo di nessuna corrente, ma solo una persona coerente, che raggiante dell’iniziativa ha esclamato: “la felicità esiste e non c’è speranza senza la felicità”.
Un plauso ai produttori marchigiani, ai quali è demandata la promozione vera, quella che produce e rende, un plauso a coloro che si sentono, custodi del territorio e vignaiuoli – poeti; pronti a dare risalto e valore a una kermesse ottimamente gestita da Verona fiere, e di sicuro profilo mondiale.
Si può fare di più e si deve fare di più, visto che le risorse ci sono; qui si parla di gestire milioni di euro, soprattutto all’estero; ma senza dimenticare i mercati interni, che poi rispondono con performance, uguali a zero virgola.
Ma se ai produttori va bene così: evviva il Vinitaly; in veste di narratore della marchigianità nel mondo, non mi ritrovo e non accetto tutto questo, “dalla Regione che amo, e dalla Regione che vorrei”.
Mi auguro che l’intelligenza degli interessati alle mie sollecitazioni non si offenda. Dopo anni di esperienza, ho imparato ad osservare, a valutare e ad offrire migliorie! E certamente non posso tacere.
Dulcis in fundo: Vino del cuore per il mio Vinitaly 2017: Agontano 1998¸ bottiglia da tre litri. Alla soglia dei 20 anni, ho sorseggiato un vino: semplicemente fantastico.
*Narratore del gusto e della bellezza
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Nelle foto, dall’alto in basso: Peppe Bonci e gli amici che hanno condiviso la nostra intervista; la solidarietà al Vinitaly con Sergio Soavi e il produttore Martinelli; Caterina Garofoli e Giancarlo Melucci per l’assaggio del “vino del cuore”; Destinazione Marche, un brand mirato; un assaggio con il produttore Paolo Lucchetti, in un momento di stand marchigiano deserto; il narratore del gusto e della bellezza Giuseppe Cristini in un momento di relax sul lago, dopo le fatiche del Vinitaly; il “vino del cuore” scelto da Giuseppe Cristini per il suo Vinitaly 2017
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