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SENIGALLIA / Dopo quattro mesi di attività il servizio civile della Caritas si racconta

SENIGALLIA / Dopo quattro mesi di attività il servizio civile della Caritas si racconta

SENIGALLIA / Dopo quattro mesi di attività il servizio civile della Caritas si racconta

SENIGALLIA – Sono passati quattro mesi dall’inizio della loro esperienza come volontari del Servizio civile presso la Caritas di Senigallia e i nove ragazzi vincitori del progetto trovano la loro ricchezza nella diversità – di carattere, di passioni, di interessi, di formazione – e da questa traggono stimoli e momenti di riflessione. Ancora di più ora che sei di loro hanno iniziato l’esperienza di vita comunitaria presso Casa San Benedetto, per vivere questo periodo in modo più totalizzante e radicale.

Li abbiamo incontrati lunedì mattina, durante il settimanale momento di formazione che accompagna tutto l’anno di Servizio. Qualcuno viene da un percorso scolastico affine al Servizio presso Caritas, come Annalisa, che nonostante i suoi 20 anni ha già scelto la sua strada, che sarà quella dell’operatore socio-sanitario, qualcun altro vive questo anno come momento di riflessione profonda, per capire come orientarsi dopo le scuole superiori e trovare motivazioni nuove. È quello che è successo a Silvia, 19 anni, che dopo la maturità si sentiva inadeguata allo studio e ha preferito “buttarsi” nella vita vera: “Finita la scuola avevo bisogno di riflettere sul mio futuro e il Servizio civile mi ha aperto tante strade. Sono volontaria all’Opera Pia e ho scoperto che questo mondo mi piace tanto, mi ci sento portata, sono a mio agio. Quasi certamente terminato il Servizio mi iscriverò a un corso per educatore professionale: non avevo aspettative precise, ma mi sento cresciuta, a livello umano, emotivo, di sensibilità e di equilibrio interiore”. Anche a Davide, all’Opera Pia come lei, le sue mansioni piacciono: lui si è avvicinato al mondo degli anziani perché la nonna risiedeva nella struttura e ora, a 20 anni, imbocca gli anziani a colazione e a pranzo, li accompagna in giardino a passeggiare, chiacchiera con loro, ci scherza. Lui si affeziona, gli anziani fanno altrettanto, probabilmente vedendoli come nipoti gentili.

I loro esempi ci fanno pensare che un anno di Servizio civile è di fondamentale importanza per ogni giovane. In quattro prestano servizio al Centro di solidarietà: Andrea, 22 anni, grafico pubblicitario, Gian Maria, Margherita, 25 anni e vicina alla laurea in Pedagogia della marginalità, e Annalisa. A volte proprio chi non aveva una forte motivazione, chi non gravitava già attorno al mondo del sociale, allarga lo sguardo e si sente più coinvolto. Andrea ha intrapreso il Servizio per curiosità, per provare una strada nuova: “Potevo immaginare che universo avrei trovato al Centro ma da dentro le cose prendono una prospettiva diversa, vedi tutto da molto vicino e ti fai tante domande, rifletti sul perché alcune persone vivono il loro disagio e provi ad approfondire la conoscenza e la comprensione. Sicuramente il Servizio ti apre gli occhi sulla vita vera”. Anche Gian Maria ha partecipato al bando “di pancia” e ora, dopo quattro mesi, ne vede la grande bellezza: “È stato meraviglioso rendersi conto giorno per giorno quanto sarà ricco e costruttivo quest’anno di Servizio civile: è una scuola di vita sotto tanti aspetti. La fatica e la povertà di chi ti sta accanto te le trovi addosso e devi essere bravo a trovare la giusta misura tra il coinvolgimento emotivo e il distacco che ti permette di essere utile e stabile. Questo fa diventare grandi”. Margherita e Annalisa, che già hanno un ruolo nel mondo della solidarietà, si sentono cresciute ugualmente, vuoi perché “ora mi sento parte della realtà e non più solo spettatrice” (Margherita) vuoi perché “è fondamentale superare le proprie prime paure e difficoltà per capire a fondo le ferite che le persone si portano addosso e per crescere dentro” (Annalisa).

Martina infine, 23 anni, insieme a un’altra ragazza, presta servizio alla Casa della gioventù: “Volevo vivere questo luogo di aggregazione da un punto di vista diverso. Ammetto che le difficoltà che riscontro sono notevoli, perché mettersi continuamente in gioco, con ragazzi coetanei, capire i propri limiti e i motivi del comportamento degli altri, quotidianamente, è una bella sfida. Mi sento cresciuta dal punto di vista delle relazioni e questi mesi sono stati davvero costruttivi”.

E noi speriamo che questa voglia di costruire e di migliorare sia contagiosa, che questi ragazzi lascino trapelare la bellezza della loro esperienza e la raccontino, senza trascurare le difficoltà e gli ostacoli. È grazie a questo anno di vita insieme a Caritas che diventeranno uomini e donne migliori e potranno incidere il loro graffio sui muri che la società spesso innalza contro il diverso, il povero, lo straniero, il disadattato.

 

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