FANO / Incroci, migrazioni e diritti umani, se ne parla martedì
FANO / Incroci, migrazioni e diritti umani, se ne parla martedì
Alla Mediateca Montanari incontro con la giornalista e scrittrice Igiaba Scego
FANO – “Somala d’origine e italiana per vocazione”: così si definisce Igiaba Scego, la scrittrice ospite del quarto appuntamento della rassegna “Con le parole giuste – le parole della giustizia nella filosofia, nella letteratura, nella società” in programma per martedì 20 dicembre alle ore 18 presso la Mediateca Montanari di Fano. Con lei si discuterà di migrazioni, di multiculturalismo, di diritti umani spesso negati in questo incontro che chiude il 2016 intitolato “Incroci: confini da superare”, quei confini che i migranti devono oltrepassare per inseguire il sogno di libertà, ma anche i confini nella mente delle persone che suddividono gli individui a seconda del Paese di provenienza, cambiando di conseguenza comportamenti e garanzia dei diritti.
Nata in Italia da genitori somali scappati da Mogadiscio dopo il colpo di Stato militare di Siad Barre nel 1969, Igiaba Scego è una scrittrice che ha mantenuto salde le sue radici africane pur sentendosi a tutti gli effetti italiana, una “identità composita” che traspare in tutti i suoi libri e articoli pubblicati su diversi quotidiani e riviste specializzate, tra cui Internazionale, Il Manifesto, Repubblica, Latinoamerica, Carta e Migra. È uno sguardo che contempla più prospettive il suo, perché comprende l’Italia, da Paese colonialista a Paese di immigrazione, l’Europa e le sue politiche, le culture occidentali e africane, fino ad abbracciare la Somalia, dalla storia all’attualità. Con un linguaggio vivace e mai banale, ci racconta della condizione femminile, delle continue tragedie ormai diventate quotidianità nel Mediterraneo, delle difficoltà dei migranti, di integrazione e razzismo, di diritti e abusi.
C’è molto della sua vita nei romanzi che ha scritto, c’è tanta Somalia, Paese con cui ha mantenuto un legame molto forte, e c’è tanta Italia, il Paese che in passato ha colonizzato quello dei suoi genitori e che poi l’ha accolta, l’ha vista nascere e crescere. Anche nel suo ultimo romanzo, Adua, pubblicato per Giunti nel 2015, Igiaba racconta la storia di una donna somala, immigrata in Italia negli anni ’70 con il sogno di fare carriera nel cinema, e quella di suo padre Zoppe, interprete durante il regime fascista degli anni ’30. Un romanzo a due voci che lega le vicende passate con il presente attraverso la figura di un rifugiato richiedente asilo, una storia dedicata al sogno di libertà che appartiene a ogni uomo. “Per me Adua è un romanzo sulle relazioni, avvenute e mancate” ha dichiarato Igiaba Scego in un’intervista. “La domanda a cui ho cercato di rispondere scrivendolo è: cosa succede ai corpi quando vengono attraversati da una storia, anche violenta, come può essere il colonialismo, ma anche tutta la parte post-coloniale, e quindi tutti quegli stereotipi e quei razzismi che non sono stati disinnescati. Adua è post-coloniale, però purtroppo – e lo vediamo nella storia dei giorni nostri – l’Africa non è mai stata lasciata veramente da sola. Il colonialismo non è mai effettivamente finito per certi Paesi. Per esempio la Somalia è stata devastata dalla globalizzazione e dallo sfruttamento. E come la Somalia anche il Congo, o la Nigeria. Ma questa indagine io ho scelto di farla attraverso le relazioni: famigliari, affettive e del corpo”.
Il nome Igiaba ha la stessa radice della parola araba “risposta”. E delle risposte proveremo a darle durante l’incontro del 20 dicembre alla Mediateca Montanari, risposte ai tanti interrogativi che ci poniamo quando si parla di migranti, della loro ricerca di identità e del loro desiderio di appartenenza. “Sono cosa? Sono chi? Sono nera e italiana. Ma sono anche somala e nera. Allora sono afroitaliana? Italoafricana? Seconda generazione? Incerta generazione? Meel kale? Un fastidio? Negra saracena? Sporca negra? Non è politicamente corretto chiamarla così, mormora qualcuno dalla regia. Allora come mi chiameresti tu? Ok, ho capito, tu diresti di colore. Politicamente corretto, dici. Io lo trovo umanamente insignificante. Quale colore di grazia? Nero? O piuttosto marroncino? Cannella o cioccolato? Caffè? Orzo in tazza piccola? Sono un crocevia, mi sa. Un ponte, un’equilibrista, una che è sempre in bilico e non lo è mai. Alla fine sono solo la mia storia.” (La mia casa è dove sono, Rizzoli, 2010)
Igiaba Scego è nata in Italia da una famiglia di origini somale. Dopo la laurea in Letterature Straniere presso la Sapienza di Roma, ha svolto un dottorato di ricerca in Pedagogia all’Università di Roma Tre e attualmente si occupa di scrittura, giornalismo e ricerca sui temi del multiculturalismo. Collabora con diversi quotidiani e molte riviste che si occupano di migrazione e di culture e letterature africane, tra cui Internazionale, Il Manifesto, Repubblica, Latinoamerica, Carta e Migra. In Italia ha pubblicato: La nomade che amava Alfred Hitchcock (Sinnos, 2003), Rhoda (Sinnos, 2004), Oltre Babilonia (Donzelli, 2008), La mia casa è dove sono (Rizzoli, 2010), che ha vinto il Premio Mondello nel 2011, Roma negata (Ediesse, 2014), insieme a Rino Bianchi, Adua (Giunti, 2015) e Caetano Veloso. Camminando controvento (Add, 2016).
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Quarto appuntamento della rassegna “Con le parole giuste”
Incroci: confini da superare
Martedì 20 dicembre – ore 18, Mediateca Montanari
Incontro con Igiaba Scego, giornalista e scrittrice
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