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“Il nostro fermo dissenso alla matrice culturale e giuridica proposta dalla riforma costituzionale”

“Il nostro fermo dissenso alla matrice culturale e giuridica proposta dalla riforma costituzionale”

 Un appello firmato da alcuni esponenti della sinistra senigalliese

SENIGALLIA “Esprimiamo il nostro civile e fermo dissenso – si legge in un documento – alla matrice culturale e giuridica che la riforma costituzionale propone: introdurre nel nostro paese un’attenuazione della democrazia con il disegno di un’altra Costituzione, molto diversa da quella attuale, che viene smontata nelle parti principali.

Infatti, questa riforma, che ci appelliamo affinché venga bocciata dagli elettori nella giornata di domenica prossima, esprime un modello di organizzazione planetaria, dettato dal capitalismo e dal liberismo che esaltano come regola superiore quella della competitività tra individui e tra gruppi di individui. Quella stessa competitività che ha prodotto esclusione, specie dei più deboli, e concentrazione delle ricchezze nelle mani di pochi con aumento di povertà ed esclusione per ampie fasce sociali. Dunque non è solo una questione italiana, è una questione che riguarda l’Europa, è un qualcosa che ha a che fare con l’assetto del mondo. E lo Stato italiano, per adeguarsi a tali logiche aberranti nel caso di vittoria del si, avrebbe una forma di governo con un esecutivo forte e un parlamento debole; con una scarsa capacità di decisione delle Regioni nei confronti dello Stato centrale e  con ridotti spazi di esercizio di democrazia e libertà, anche solo per esprimere dissenso contro le scelte del potere. Tanto è che il combinato disposto tra riforma costituzionale e legge elettorale prevede che un solo partito potrebbe avere – quale che sia la percentuale dei suoi voti – la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera e il rapporto fiduciario con il governo si ridurrebbe così ad un rapporto tra il capo del governo e segretario di partito di maggioranza e il suo partito stesso. In questo senso la riforma costituzionale è la quadratura del cerchio. Gli istituti della democrazia non sono compatibili con la competizione globale, che richiede poteri istituzionali spicci e sbrigativi.

Votare No e difendere la Costituzione è l’unica speranza di futuro, di cooperazione, di inclusione, di democrazia, di prosperità diffusa, di pace al fine di non dare per compiuto e irreversibile il passaggio dalla libertà della democrazia costituzionale alla schiavitù del mercato globale.

La spia che registra la veridicità di quest’analisi che condividiamo e che sottoscriviamo è data in modo principale anche dal fatto che tutti i grandi poteri economici e finanziari nazionali, europei e mondiali sono scesi in campo per sostenere che la vittoria del No al referendum sarebbe una catastrofe.

Tale è la questione centrale, senza sottacerne altre di questioni dovute soprattutto al fatto che la riforma è anche pasticciata.

Infatti con essa il Senato non viene cancellato, ma trasformato in modo così brutto deforme e improbabile, che è impossibile trovarne traccia di esempi simili con uno studio comparato di sistemi di governo di altri paesi.

Il risparmio sui costi della politica sarebbe assolutamente ridotto; infatti, secondo la Ragioneria Generale dello Stato, il cui compito è di verificare la certezza e l’affidabilità dei conti pubblici, il risparmio si ridurrebbe a cinquantotto milioni, poiché resterebbero in toto i costi di funzionamento del Senato stesso.

La riforma non produrrebbe neanche il risparmio sui tempi della politica. In realtà il rischio è quello di allungare i tempi della produzione legislativa; infatti, si introducono diversi tipi di leggi e diverse procedure, che ricadranno su ambedue le camere con un groviglio di competenze e conseguenti conflitti istituzionali.

Il Paese ha bisogno di leggi ben fatte che rispondano alle reali esigenze dei cittadini. Leggi che richiedono ascolto e competenza piuttosto che velocità.

Infine ci preoccupa anche il fatto che quale che sarà l’esito referendario, lunedì 5 dicembre, avremo un paese spaccato in modo netto in due componenti contrapposte e quello che è più grave sta nel fatto che la spaccatura nasce da dove invece si era ripartiti con un processo unitario e pluralista del secondo dopoguerra: la Costituzione Italiana”.

Il documento è firmato da:

Fabrizio Volpini (consigliere regionale PD)

Carlo Girolametti (assessore Come di Senigallia La Città Futura)

Simone Ceresoni (già assessore Comune di Senigallia La Città Futura)

Stefano Schiavoni (già assessore Comune di Senigallia PD)

Mauro Gregorini (consigliere comunale PD)

Nausicaa Fileri (consigliere comunale La Città Futura)

Mauro Pierfederici (consigliere comunale PD)

Francesca Michela Paci (già assessore Comune di Senigallia La Città Futura)

Paradisi Silvano (già Presidente del Consiglio Comunale di Senigallia PD)

Massimiliano Giacchella (già consigliere Comunale, Presidente La Città Futura)

Enrico Pergolesi (già consigliere comunale La Città Futura)

Bucci Vania (già consigliere comunale PD)

Marco Lion (già deputato dei Verdi)

Marzia Baioni (Unione Comunale PD)

Gianfranco Belardinelli (Unione Comunale PD)

Unione Comunale PD) Mancini (direttivo La Città Futura)

Marco Scaloni (direttivo La Città Futura)

Sonia Gregoriani (Unione Comunale PD)

Furio Durpetti

Laura Lanari (Unione Comunale PD)

Tiziana Pellegrini (Unione Comunale PD)

Simonetta Romagnoli (Unione Comunale PD)

Euclide Sartini

Massimo Barocci

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