Da Fano e Marotta un tangibile aiuto ai terremotati delle frazioni di Visso
Da Fano e Marotta un tangibile aiuto ai terremotati delle frazioni di Visso
A cinque mesi dalle prime scosse viaggio della speranza in una zona disastrata dei Sibillini con Ermanno Cavallini, presidente dell’associazione fanese Nuovo orientamento culturale: «Situazione di estrema emergenza, c’è gente che ancora vive nelle casette di legno realizzate per il terremoto del 1997». Importanti sostegni arrivati anche da Pesaro, San Marino e Modena
di PAOLO MARIA ROCCO
VISSO – Il Comune di Visso, in provincia di Macerata, alle pendici del Parco nazionale dei Sibillini, nelle Marche, è una di quelle località che hanno subito gli effetti devastanti dei due terremoti che hanno colpito la Regione il 24 Agosto e poi il 26 ottobre 2016 quando quel territorio comunale si è trovato proprio nell’epicentro della violenta scossa sismica. Visso era conosciuta, fino ad oggi, soprattutto perché ospitava, nel suo Palazzo dei Governatori, 27 manoscritti leopardiani tra i quali gli inestimabili Idilli “L’Infinito”, “La sera del giorno festivo”, “La Ricordanza o Alla luna”, “Il Sogno”, “Lo Spavento notturno”, “La Vita Solitaria”; e poi cinque “Sonetti in Persona di Ser Pecora fiorentino Beccaio”; l’Epistola al conte Carlo Pepoli; la prefazione alla seconda edizione del Commento alle rime del Petrarca e, infine, quattordici lettere indirizzate agli Editori Stella di Milano tra il 1825 e il 1831, alcune inviate da Leopardi durante la sua permanenza a Recanati altre da Bologna. Già dal 28 ottobre scorso questi manoscritti sono stati trasferiti a Bologna perché, si deve ricordare, proprio il bolognese Prospero Viani (Preside del Liceo Galvani) ne era il proprietario fino al 29 Marzo 1869 quando per “angustie economiche” aveva dovuto venderle, per 400 lire, all’allora sindaco lungimirante di Visso, Gaola Antinori, il quale consapevole del patrimonio di cui la sua città si sarebbe potuta fregiare li acquistò “per ornamento della nostra città -annunciò lo stesso Antinori- e per gloria d’Italia”.
Già nell’agosto scorso il Palazzo dei Governatori nel quale era ospitato il Museo dei Manoscritti leopardiani era stato seriamente compromesso dal sisma che aveva danneggiato profondamente il campanile a vela della trecentesca Chiesa di Sant’Agostino deturpata anche nei pinnacoli della facciata e, infine, soggetta a crolli.
Oggi, a cinque mesi dal primo terremoto e a tre mesi dal secondo dell’ottobre 2016, Visso sopravvive in costante emergenza e, con esso, le sue numerose frazioni nessuna delle quali è stata risparmiata dal sisma e, per questo, sono mete di aiuti umanitari da parte di varie Associazioni e di privati oltre che della presenza del personale della Protezione civile, dei Vigili del Fuoco, di altre Forze dell’Ordine e di un attrezzato Parco automezzi dell’Esercito italiano.
Un efficace dispiegamento di forze che, però, anche a causa del sopraggiungere di forti e continue nevicate, non è riuscito ad evitare ulteriori pesanti danni alle strutture abitative e a quelle produttive del territorio. In particolare, ad Aschio (frazione di Visso), quasi tutte le 30 abitazioni presenti, e abitate dai 26 originari residenti dimezzati dopo il sisma, sono oggi inagibili, gli allevatori di bovini sono con l’acqua alla gola a causa del crollo di diverse stalle, gli esercenti dei pochi negozi presenti spesso non hanno più merce da vendere e, soprattutto, la vendono solo ai soccorritori. I residenti che, da soli, utilizzando una piccola ruspa, sono riusciti a liberare le strade dell’abitato dall’abbondante nevicata di queste ultime settimane, contestano, poi, il fatto che alcuni di essi fin dal 1997 (anno in cui avvenne un altro tragico terremoto) sono costretti a vivere in casette prefabbricate in legno e che loro della presenza di personale e attrezzature dell’Esercito ne hanno solo sentito parlare ma non li hanno mai visti nella frazione.
Insomma, una situazione della cui gravità ci racconta oggi Ermanno Cavallini, presidente dell’Associazione Nuovo Orientamento Culturale di Fano che, ieri, sabato 28 gennaio, si è recato ad Aschio insieme con altri volontari privati e Associazioni provenienti da Fano, Marotta, Pesaro, San Marino, Modena. Il convoglio formato da autocarri, furgoni e jeep, carico di merce raccolta dalle Associazioni Mo.Ma.5 (Marotta), Nuovo Orientamento Culturale (Fano) e Uno Vale Uno (Pesaro) ha consegnato agli abitanti di Aschio quintali di prodotti alimentari, di mangime, di fieno, di vestiario, di prodotti per l’igiene, di medicinali. Ad attenderli ad Aschio anche alcuni abitanti del Comune di Pieve Torina, convocati per la distribuzione degli aiuti.
«Io ho viaggiato con Silvano e Luisa, volontari provenienti da Modena. Mi hanno raccolto al casello autostradale di Fano – spiega Ermanno Cavallini – con la loro jeep carrellata, carica di rifornimenti. Silvano e Luisa erano stati già mercoledì scorso in questa stessa zona con due containers per permettere alla ferramenta della signora Gabriella di poter almeno sommariamente operare. Il suo negozio infatti, ubicato a Pieve Torina, è stato dichiarato “non agibile”, come la maggioranza degli immobili del comune che solo ad una analisi superficiale sembrano intatti; in realtà molti edifici presentano crolli e lesioni interne che determinano spesso addirittura la necessità di demolire per poi eventualmente ricostruire ex novo le abitazioni».
Qual è la situazione oggi ad Aschio?: «Abbiamo potuto constatare la pressoché totale inagibilità di ogni immobile -risponde Cavallini- e il crollo anche di diverse stalle che ha causato la morte di diversi animali. Abbiamo potuto vedere le mucche costrette a rimanere all’aperto con il rischio di ulteriori decessi e di dover forse chiudere l’allevamento».
Siete arrivati con la colonna di automezzi fin dentro Aschio?: «No, ci siamo fermati con i mezzi alla “Locanda del Re” un ristorante all’ingresso del paese che ha funzionato in questo frangente come centro di smistamento e presso il quale avevamo dato appuntamento agli abitanti della frazione per la distribuzione della merce. Lì abbiamo incontrato Roberta, la figlia di un allevatore della zona, che poi ci ha accompagnato dentro la frazione di Aschio. Dopo aver parlato con i pochi abitanti rimasti, alloggiati ancora nelle casette di legno montate in seguito al terremoto del 1997, siamo tornati nel largo piazzale del ristorante, a valle, dove abbiamo parlato anche con diversi esercenti della zona riunitisi per l’occasione».
Quali sono stati i commenti e le richieste che ha potuto raccogliere?: «Tutti -conclude Cavallini, presidente di Nuovo Orientamento Culturale- ci hanno trasmesso il timore di dover ridimensionare se non addirittura chiudere del tutto i loro esercizi a causa del trasferimento sulla costa di 1300 sul totale di 1500 abitanti del comune di Visso che, considerate le condizioni delle loro case, difficilmente potranno tornare in un prossimo futuro nei territori originari. I residenti rimasti ci hanno detto che il paese sta morendo: è abitato solo da commercianti e piccoli imprenditori in gravi difficoltà economiche. Ci sono casi di allevatori di cavalli costretti ad uccidere il proprio bestiame perché non hanno più la stalla e neanche il fieno».
È, quindi, realistica l’ipotesi dell’abbandono totale di quelle zone?: «Secondo le loro valutazioni si può stimare che solo il 50% circa dei residenti potrebbe rientrare nelle proprie abitazioni, e comunque non prima della bella stagione. Gli altri non possono affrontare i costi proibitivi necessari per mettere in sicurezza le case secondo le norme antisismiche e, quindi, non rientreranno nei loro paesi d’origine ma si distribuiranno probabilmente nel territorio costiero».
Come Associazione farete altre iniziative?: «Sicuramente. Intanto, stiamo convincendo alcuni esercenti di quelle zone terremotate a costituire una loro associazione indipendente per poter gestire innanzitutto gli aiuti, così da creare una cordata e un interlocutore preciso col quale poter effettuare la consegna dei rifornimenti. Poi stiamo realizzando un programma di aiuti che dovrà durare almeno altri 6 mesi in attesa che gli abitanti si possano autosostentare con le attività produttive, in primis gli allevamenti per ricostituire i quali serve un più efficace e rapido intervento delle Istituzioni statali. Bisogna evitare che questi terremotati non divengano nuovi poveri. Per questo è necessario la sensibilità e l’impegno di tutti».
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